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Storia

12 dicembre 1969 – 2015

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Prima pagina de "Il Mondo" del 25 dicembre 1969 - Foto di Giovanna Nuvoletti

 

 

Abitavo a poche centinaia di metri da Piazza Fontana. Allattavo Viola, che aveva venti giorni. Ho sentito sirene in lontananza. Poi ho saputo. Così ho cominciato a conoscere il terrorismo. Noi italiani, in tempo di pace, quel giorno abbiamo capito che c’è chi ammazza persone inermi per ragioni proprie. Le ragioni possono essere mille, l’orrore è uno. Il male puro.

 

Lunedì 15 il mio giornale mi ordinò di andare a fotografare i funerali delle vittime, in piazza Duomo. Avevo l’influenza, ma non lo dissi. Mi presi un’aspirina, le Nikon con gli obiettivi, allattai mia figlia e insieme a due colleghi mi avviai verso piazza Duomo. Il cielo era nero. La gente piangeva.

 

Sul Sagrato i vip, i politici le persone importanti con le facce di circostanza issate, e i parenti delle vittime affondati nelle loro disperazioni. I fotografi si affollavano intorno. Io girai, per pietà e per amore, le spalle alla cattedrale e al funerale, e col mio teleobiettivo inquadrai la gente che si affollava dietro le transenne. I “ghisa”, la gente del popolo, i milanesi erano tutti in lacrime. Come anche ero io.

 

C’era, diffusa in tutta la piazza, un’atmosfera di sgomento, era giorno e pareva notte. Ma nello stesso tempo ci sentivamo tutti una cosa sola, noi, la città con il suo cuore semplice e intelligente, vicini come non mai, una solidarietà assoluta. El mè Milàn. Davvero. Democrazia, libertà, lavoro, i nostri valori.

 

Tornata a casa scaricai le pellicole e allattai subito Viola; erano passate più di due ore e aveva fame.

 

Eugenio sviluppò e stampò le foto nel laboratorio sul pianerottolo accanto.

 

Pochi giorni dopo fui svegliata dal mio compagno che mi sventolava “il Mondo” sotto il naso: una mia foto era in copertina. Tra tutte le immagini scattate dai colleghi maschi, che mi avevano guardata come una pazza che fotografa i nessuno, era stata scelta la mia. Perché avevo visto Milano, col suo dolore e il suo amore.

 

 

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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