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Racconti

L’Almanacco del 1911

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Ogni anno Don Federico ritirava l’“Almanacco della Marina Mercantile A.U.” che gli riservavano alla Libreria Ettore Vram di Trieste, al costo di tre corone. Il prezioso libretto lo si poteva ritirare fin dal mese di ottobre. Così, in una bella giornata di sole, il signore si avviò.
Non aveva ancora indossato abbigliamento invernale ma portava soprabito, cappello rigido e guanti leggeri. Percorreva la passeggiata che i triestini chiamavano “liston”, perché aveva un tratto listato, sul quale solo i patrizi potevano camminare.
Quando arrivò in Piazza Grande, rallentò davanti al Caffè degli Specchi, nei giorni feriali non molto frequentato. Con un gruppo di conoscenti che fumavano seduti all’aperto ci fu uno scambio di saluti, con la mano al cappello che solo i signori abituati sanno fare . Rallentò l’andatura mentre costeggiava il molo, dette un’occhiata alle navi ormeggiate e respirò l’aria salmastra che pareva rigenerarlo.
Quando lo videro entrare, i commessi della Libreria avvisarono subito il titolare che si alzò e gli andò incontro. Dopo i convenevoli e le informazioni su tempo e acciacchi di stagione, il vecchio Sig.Vram lo introdusse nel grande retrobottega, deposito delle pubblicazioni che arrivavano dalla stamperia Marcello Norsa di Venezia. Si fermarono davanti a uno scatolone grigio ancora sigillato e, insieme, cominciarono a tagliare con la massima cura lo spago che lo serrava.
Rimasero a guardare quegli oggetti, impacchettati con ordine in una doppia carta che proteggeva il cuoio della copertina. Il cliente si chinò un poco dalla parte aperta dello scatolone e ne aspirò l’odore d’inchiostro fresco e di cuoio nuovo, con gli occhi semichiusi per il piacere. Infine prese tre almanacchi, li guardò con attenzione rigirandoli da tutte le parti, e ne scelse uno che porse al signor Vram che si compiacque della scelta e lo passò al commesso che lo confezionò con cura. Questi lo passò al cassiere che batté, al monumentale registratore, le tre corone del prezzo e aspettò che lo scampanellio avvisasse tutto il negozio, che l’operazione si era conclusa.
Accompagnato alla porta, appena fuori, Don Federico tenne il pacchetto nel palmo della mano sinistra all’altezza del cuore. Era visibilmente soddisfatto, aveva con sé, per primo, il suo nuovo compagno; sarebbero stati insieme per tutto il 1911.

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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