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Cinema

Allacciate le cinture

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La scena più bella è quella iniziale. Un acquazzone estivo si abbatte sulla strada, la telecamera si sofferma su decine di gambe e piedi, poi risale lentamente su un gruppo di persone al riparo di una pensilina. È lì sotto che inizia la storia di Elena e Antonio. Il racconto di una coppia scombinata che si sviluppa in un arco di tredici anni, dal 2000 a oggi. Lei venticinquenne di buona famiglia, carina, intelligente, di sinistra, che lascia gli studi per fare la cameriera in un bar. Lui macho super-palestrato e tatuato, bicipiti possenti e addominali a tartaruga, operaio in officina, dislessico se non analfabeta, omofobo e razzista. A dispetto di tutto e tutti, soprattutto di se stessi, Elena e Antonio portano avanti, tra alti e bassi, la loro relazione. Allacciate le cinture (Italia 2013) è l’ultimo film di Ferzan Ozpetek. Ci sono i temi a lui cari: l’omosessualità (il miglior amico di Elena è gay), la famiglia (divertenti i camei di Carla Signoris e Elena Sofia Ricci nella parte di mamma e zia). Molte le incongruità: il film è ambientato a Lecce, ma tutti parlano con accento romano; alcuni dialoghi sembrano più da soap che da film d’autore. Ma è forse questa la scommessa di Ozpetek: un approdo verso il fotoromanzo, che si spiega anche con la scelta degli interpreti. Elena è Kasia Smutniack, Antonio è Francesco Arca. Entrambi vengono dal mondo televisivo, dal gossip. Eppure è proprio l’interpretazione di Arca, rudimentale e a tratti goffa a suscitare commozione. Elena scopre, dopo tredici anni di matrimonio e corna, due bambini e dopo essere diventata un’imprenditrice di successo, di avere un cancro al seno. L’iter della malattia, tra ricoveri in ospedale, chemio, apparenti recuperi e brusche ricadute è impietoso, eppure trattato con mano leggera, con pudore, senza ammiccamenti al sentimentalismo. La scena in cui Elena, pallida, calva e stremata, accoglie Antonio tra le braccia e accetta di farci l’amore è straziante nella sua insensatezza. Il finale, che con inatteso flash back rivela cose intuite, lascia aperto l’esito della storia. Con la voce di Rino Gaetano, che canta A mano a mano, si chiude un film che farà discutere, nel bene e nel male.

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COSTANZA FIRRAO

Nata a Bari nel 1953, è sposata e ha due figli. Vive a Milano dal 1990. Collabora negli anni ’90 alle pagine culturali di alcuni quotidiani locali ed è stata traduttrice dal francese per riviste bilingue. Ha curato vari siti e blog. E' appassionata di cinema e letteratura.

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