Caricamento

Digita la ricerca

Polis

All’ultimo momento

5.999 visite

Si dice che molti italiani – sembra alcuni milioni – decidano se votare e per chi solo all’ultimo momento. Non so quanto sia vero, ma sono propenso a credere che, nella circostanza, anche il più svagato dei miei concittadini impieghi un po’ di tempo (diciamo un quarto d’ora).
E’ vero che con ogni probabilità (quasi con certezza) le elezioni di domenica prossima non diranno una parola decisiva sul futuro governo; è chiaro da quando è stata archiviata la legge elettorale (la chiamavano Italicum) che prevedeva il ballottaggio, dopo il quale – come il tie break a tennis o i rigori nel calcio – un vincitore c’è.Tanti ipocriti che consideravano liberticida quella legge, oggi lamentano che dal voto non uscirà l’indicazione precisa di un governo; sono, per l’appunto, ipocriti a cui piace prenderci per i fondelli.
Sta di fatto, comunque, che domenica prossima dalle urne non uscirà un governo; ed è molto difficile anche che esca una maggioranza. La “coalizione di centro-destra”, l’unica che i sondaggi dicono potrebbe avvicinarsi all’obiettivo, è profondamente divisa sia sulla leadership sia sulla sostanza (l’Europa); è poco verosimile che possa esprimere un governo dotato di un minimo di coesione e coerenza.
Tutto ciò detto, il voto del 4 marzo è, però, tutt’altro che inutile; ne usciranno indicazioni di grande importanza e che produrranno effetti a lungo. In ordine:
1 – M5S, Lega e FdI hanno dure posizioni polemiche contro l’Europa, e le espongono anche nei loro programmi elettorali. Stando, ancora, ai sondaggi queste tre liste raccoglierebbero quasi la metà dei voti che saranno espressi; con l’aggiunta degli “euroscettici” ed “europolemici” presenti anche in LeU, domenica notte potremmo trovarci con la maggioranza dei votanti in Italia che hanno girato le spalle all’Europa.
Al di là delle conseguenze che un pronunciamento del genere avrebbe nei nostri affari domestici, pensate che non ci sarebbero reazioni (diffidenza, allarme, prese di distanza) al di fuori dei nostri confini, fra i partner dell’Unione e oltre?
2 – Nel resto d’Europa le due destre, l’una sovranista xenofoba, antieuropeista, l’altra europeista e moderata, sono in dura competizione. Solo in Italia queste due destre (Lega e FdI da una parte e Forza Italia dall’altra) si presentano alleate, sebbene le divisioni che le separano non siano inferiori a quelle che si registrano in Francia o in Germania, come dimostra la lotta all’ultimo sangue per il primato che segna la campagna elettorale di Salvini e Berlusconi.
Considerate indifferente l’esito di questo scontro? O non è piuttosto vero che esso inciderà in modo rilevante e duraturo sull’Italia, sui suoi equilibri democratici, sull’efficienza dei suoi governi?
3 – In modo meno ravvicinato ma non meno teso, anche sull’altro fronte c’è una battaglia analoga. A sinistra è avvenuto l’opposto di quel che vediamo a destra: anziché un’alleanza si è verificata una scissione. Ma anche nel caso della sinistra il voto darà una indicazione importante per il futuro.
In Italia si consoliderà – intorno al PD – una sinistra di governo capace di far vivere una produttiva competizione democratica con la destra per la guida del Paese, o prenderà il sopravvento una deriva che produce estremismo e, nello stesso tempo, frammentazione?
Il voto di domenica prossima fornirà risposte a ciascuna di queste domande. Sono domande che non interessano, una per volta, solo chi si colloca a destra o a sinistra; tutte, invece, interessano tutti. Perché non è indifferente per nessuno di noi se a competere per il governo d’Italia ci sono una destra e una sinistra civili e ragionevoli o – al contrario – demagogiche e inaffidabili.
Come non è indifferente per nessuno se l’Italia sarà, nei prossimi anni, ben inserita nell’Europa o – al contrario – se ne allontanerà o ne verrà allontanata.

Ecco: tre domande alle quali si può dare risposta in tre minuti. Spero, così, di avervi fatto un piccolo servizio quando vorrete decidere se andare a votare e per chi; e, perfino, di avervi fatto guadagnare un po’ di tempo.

Tags:
CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

  • 1
Precedente

Ti potrebbe piacere

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *