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Attenti C’è una nonna sul web

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Da grande voglio fare l’ottantenne. Lo ripeto spesso, civettuola. Non è che abbia una gran scelta. Ho 75 anni, infatti. Però da un bel po’ di tempo la prospettiva di una libera, petulante, dispettosa vecchiaia mi sorride.
Perché noi anziani siamo proprio come voi giovani: non abbiamo lavoro, non contiamo una cippa e abbiamo un sacco di tempo da perdere. Occasione vantaggiosissima per scoprire come funziona davvero il mondo, e dove sta andando. Sul web.
Nonostante l’età, il mio computer me lo so gestire da sola, mi collego ovunque, so (quasi) tutto di come funziona Facebook, e ho pure fondato La Rivista Intelligente. Ho anche scoperto come ci fregano con gli algoritmi, i troll, i bot. Banno un sacco di esseri più o meno reali che diffondono bufale, calunnie, fake news e intontiscono i polli che ci cascano.
Mentre nel frattempo io avanzo, imparo, studio. Come tanti altri vecchi, certo, ma anche, e soprattutto, come tanti giovani frustrati che si aggrappano alla tastiera come a una zattera di salvataggio, cercando ciò che questa società non offre loro. Potere, libertà senza limiti, illusioni, sfoghi. Rabbia. Invidia. Libertà di offendere. Molto prima dei miei ottant’anni, la marea di “fannulloni” e “fancazzisti” sono diventati la nuova classe dirigente; o almeno così credono loro.
Stiamo già rimboccandoci le maniche – sul web, naturalmente: non abbiamo altri strumenti. Perché noi, vecchi e vecchie, cui pare stiano per tagliare la pensione anche se non è d’oro e non è di origine politica, noi che non siamo nel cerchio del privilegio attuale, noi che non abbiamo alternative, la rete la conosciamo, ne parliamo il linguaggio sintetico e bruciante. Noi ci sappiamo organizzare in gruppi, sappiamo far girare le idee e le proposte. Ci organizziamo per salvare la democrazia.
Noi rendiamo il virtuale REALE. Stiamo arrivando. Tremate, troll.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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