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Austria. Per me è un “golpe”

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Al Brennero - Foto recente

 

 

Prima di tutto: che tipo di organo è quello che ha deciso ieri l’annullamento del voto di ballottaggio del 22 maggio dal quale Van der Bellen è uscito Presidente della Repubblica austriaca?

 

E’ la Corte Costituzionale, composta di 14 effettivi, compresi Presidente e VicePresidente, e 6 supplenti; possono farne parte giudici, funzionari amministrativi, o professori in facoltà giuridiche. La loro attività non è a tempo pieno, ma organizzata in sessioni di lavoro; in genere 4 l’anno, della durata di 3 settimane. I giudici continuano, dunque, a svolgere la loro attività professionale. La durata del mandato non è prefissata; cessa il 31 dicembre dell’anno in cui si compie il 70° anno di età.

 

L’atto formale di nomina è attribuito, per tutti, al Presidente della Repubblica, su proposta di altri organi. Il Governo propone Presidente, VicePresidente, sei membri effettivi e tre supplenti; la Camera bassa tre effettivi e due supplenti, la Camera alta tre effettivi e un supplente. Le proposte del Governo sono, però, “secche” e al Presidente non resta che formalizzarle; le due Camere, invece, formulano terne all’interno delle quali il Presidente sceglie.

 

Dunque, la maggioranza dei membri (8 su 14 effettivi e 3 su 6 supplenti) è designata dal Governo; inoltre, i giudici continuano a svolgere attività professionali. Sono due caratteri che distinguono nettamente quella austriaca da altre Corti, fra le quali quella italiana. E’ ovvio che questi caratteri influiscano sull’esercizio delle funzioni di quell’organo. (Traggo queste informazioni da uno studio di Marco Olivetti, professore straordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Foggia)

 

Come è arrivata, la Corte di Vienna, all’annullamento del voto? Ha ricevuto – la competenza è sua – il ricorso per “brogli” avanzato dal FPÖ, partito del candidato Hofer; ha svolto le sue indagini e ha rilevato “irregolarità” riguardanti 78.000 voti.

 

Le irregolarità consistono nel fatto che alcune buste contenenti voti per corrispondenza sono state aperte senza rispettare la norma amministrativa per cui quei voti possono essere scrutinati solo il giorno dopo le elezioni. I 78.000 voti ritenuti irregolari sono più dei 31.000 che hanno assegnato la vittoria a Van der Bellen; e tanto è bastato alla Corte per invalidare il voto.

 

Io sono allibito; per varie ragioni.

 

1. E’ stato escluso un nuovo conteggio di quelle 78.000 schede senza che ne sia stata data una motivazione plausibile

2. La stampa osserva che le regole in base alle quali la Corte ha stabilito la irregolarità, in Austria sono normalmente violate. Non è certo un motivo per criticare la decisione della Corte. Ma se il disordine e la sciatteria riscontrati nel ballottaggio si sono verificati – come appare del tutto verosimile – anche al primo turno, non si dovrebbe ripetere anche quello, con la presenza di tutti i candidati?

3. Le elezioni, di qualunque tipo, sempre, sono influenzate dal momento in cui si svolgono. Oggi, poi, si susseguono eventi, anche di grande portata ed effetto, con una rapidità impressionante. Lo scenario, in pochi mesi – se non settimane o perfino giorni – può cambiare profondamente. Non fosse altro che per queste motivazioni, se si annulla l’elezione di un Presidente della Repubblica si deve rifare l’intero percorso, non solo lo sprint finale.

 

La Corte austriaca non ha ritenuto di considerare questi aspetti, come ha escluso un nuovo conteggio delle 78.000 schede “irregolari” per errori di procedura. Le sue decisioni sono interamente affidate a motivazioni formali, ma incidono pesantemente su un evento di carattere squisitamente politico; un evento importantissimo per l’Austria, e non solo.

 

A me, per definire quanto sta avvenendo al di là del Brennero, viene da usare la parola “golpe”. Se vi sembra esagerata, trovatene un’altra; a condizione, però, di non liberarvi con fastidio della seguente considerazione finale.

 

Si parla tanto, e comprensibilmente, di “pesi e contrappesi” per garantire e proteggere la democrazia. Soprattutto in periodi di difficoltà e disorientamento, può anche accadere – come a mio avviso in Austria sta accadendo – che i “contrappesi” si mettano a fare i “pesi”, pur con tutte le cautele “formali”; e invadano, così, ambiti che non competono loro. Anche così la democrazia corre dei rischi e può soccombere.

 

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CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

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