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Ballo liscio

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Sono la più bella, la più brava. Davanti alla mia poltroncina c’è la solita fila per invitarmi. Con calma, mi scelgo uno per uno i migliori: i ballerini che non perdono mai il tempo, non esibiscono abilità da narcisi ebbri di sé e soprattutto sanno intuire gli impercettibili accenni della loro dama – perché lei tutto conosce del ritmo e della sua eleganza, ma deve fingere di essere guidata.
Il mio abito è semplice. Solo il rosso e il nero alludono alla mia danza preferita. Il tango. Mi piace la sua aggressività e sensualità, la disperazione che non nasconde. Mi rende protagonista: vittima ed eroina. Mentre mi scelgo il cavaliere, studio le altre coppie che volteggiano sul legno chiaro della balera. Noto molti giovani, persino qualche coppietta di adolescenti. Sanno che qui abbiamo la musica migliore di tutta Milano. Ma il mio compagno lo sceglierò tra i vecchi. Perché il corpo è memoria. Ogni passo eseguito porta con sé l’impronta di migliaia di altri. Così la danza diventa citazione di antiche gioie e dolori, arabesco di comunicazione. Sempre più semplice, sempre più disinvolta, sempre più sincera.
Un giovanotto mi si siede accanto, sa di essere inesperto, poco interessante. Gli amici lo hanno informato che riuscire a ballare con me è una conquista, una medaglia che lo renderà affascinante presso le altre dame del Dancing Chiaro di Luna. Cerca di intrecciare una conversazione. Ha ventotto anni, possiede un garage. È sposato, due figli. Adora il liscio, ma la moglie non ha orecchio né coordinazione. Si chiama Antonio. Mi piace il suo corpo forte e snello. La timidezza. Farò un’eccezione.
«Ma certo, Antonio, il prossimo valzer lento lo ballerò con te. Sì, mi chiamo Iris. Sono vedova. Sono una professoressa di italiano in pensione. Ho ottantacinque anni».
Il ragazzo sorride. Forse pensa che il valzer lento sia facile. È il più difficile, invece. Il vero valore di chi osa danzarlo si misura proprio nella delicatezza del ritmo e nelle mosse trattenute con sapienza.
Ecco, arrivano le prime note di Fascination.
Mi alzo, diritta e insieme morbida. Lui ha una bella postura. Lo aspetto nella camminata. I principianti, in genere, la eseguono lungo la linea di ballo, in senso antiorario. Antonio invece va in diagonale. Molto bene, ma spero ora non mi si getti in una girandola di figure.
Non siamo a una Gara di Balli Standard.
Noi qui cerchiamo solo perfezione e felicità, della durata di tre minuti.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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