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Immensa apnea blu

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Il mare è calmo, l’acqua ha tutto il tepore dell’estate. Mi preparo a un’immersione profonda e non ho pensieri. Le mie braccia sono calde e pesanti. La fronte è fresca, il cuore batte forte. Respiro lento e l’aria mi invade. Raggi di sole si perdono verso il profondo. Sarò sale nel sale, acqua nell’acqua, come il giorno che nacqui. Un gesto come un passo di danza a testa in giù. Affondo. Stringo il naso, mando aria ai timpani e nella maschera per compensare la pressione. Un tocco di caviglie, e vado. Il mio torace perde volume, la velocità aumenta. Sono al primo strato di acqua fredda, il neoprene mi protegge. Piccoli scricchiolii e i timpani sono in equilibrio. Scendo ancora. Sento il sangue affluire in petto. L’acqua ora è davvero fredda. Continuo per inerzia. Un altro lieve colpo di pinne, e vado giù veloce. L’ultimo tocco ai timpani, prolungato ed accorto. Apro gli occhi: attorno c’è il nulla e l’immenso. Il fondo, la costa, la superficie sono riferimenti troppo lontani. Mi metto alla paracadutista, scendo a foglia morta. Solo in apnea si vola così, senza bombole addosso. C’è solo il blu, e il mio cuore che batte potente e irregolare, tra un colpo e l’altro c’è il tempo sufficiente a godere del suo suono. Appartengo all’immenso. Guardo il profondimetro: ora inizia il ritorno. Un colpo di pinna energico, come uno sbadiglio nel dormiveglia, e le endorfine girano. Ho più di 40 metri d’acqua sulla testa, poca aria, piccole gambe e una suprema forza dentro che me li farà attraversare tutti. Verso il sole. Sono nel freddo, sotto una pressione immane, e ho la sicurezza che non avevo da ragazzo. Sento il sangue defluire dal petto, e l’acqua si fa meno fredda, mentre il diaframma inizia a contrarsi ritmicamente. Recupero aria dalla maschera, in un gesto saggio e misurato. Ora l’acqua è calda, la mia aria riprende volume, salire è più facile. Tra poco, lo so, non servirà più nemmeno faticare, e volerò verso l’alto. Il sole si annuncia nello scintillio di una superficie appena scalfita dal vento. Gli ultimi metri, i più delicati, e altra aria dalla maschera. E’ un attimo: la membrana della superficie si rompe, l’ascensione è finita e sono di nuovo nel sole. Respiro. Il mio cuore parte veloce a cento al minuto, tutto il sangue viene rimesso a posto. Ecco, sono stato felice.

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Paolo Messina

Nasce nel 1960 a Porto d’Ischia in una sera d’aprile. Nel ‘66 la famiglia si trasferisce a Roma. Studia fino alla maturità scientifica, in uno dei più turbolenti licei della capitale negli anni compresi tra il golpe in Cile e il rapimento Moro. Qua conosce la sua compagna di banco e di avventura, Laura. Nel 1980 già lavorano entrambi, ma si accorgono che c’è solo un’estate a vent'anni, perciò comprano una moto, si licenziano e partono in un viaggio che finisce quando finiscono i soldi, tenuti nascosti in un rotolo di carta igienica. Nel 1981 grazie a un concorso fatto ai tempi del liceo Paolo ottiene un impiego presso una grande azienda di servizi a capitale statale. Comprano una piccola casa a Roma, zona Magliana, quella della banda, contando di poter tornare a Ischia appena possibile ma non è possibile. Nel 1991 mantiene la promessa di trasferirsi al mare e va in Maremma. Qui, quando non sopporta più di essere un triste impiegato in un triste ufficio di una triste azienda si licenzia. Ora è titolare di una piccola ma prestigiosa azienda nel settore enogastronomico di qualità tipica e biologica. Da quasi quarant’anni non è sposato con Laura. Paolo Messina ha scritto due raccolte di racconti, stampate in proprio da PC in poche decine di copie, e la raccolta “Interferenze Indiscrete”, tramite il sito “Il miolibro” de La Feltrinelli. ha pubblicato nel 2007 per Il Filo editore la raccolta di poesie “Baci di Arcobaleni Sbiechi”. Del 2011 pubblica su La Rivista Intelligente, di cui dal 2012 è collaboratore stabile.”

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