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Musica

Caccia alla volpe

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Abbiamo un jolly? Sì lo abbiamo. Ma ce lo giochiamo nel finale, da consumati gamblers.

Paul Whitehead, l’illustratore inglese autore di questa cover, memorabile almeno quanto il disco che contiene, è stato una star nel particolare campo di questa rubrica. Copertine per Genesis, Van der Graaf Generator, Lindisfarne, Peter Hammill, perfino per le nostrane Orme.

E’ chiaro che al nostro piaceva il progressive rock, e i testi di Peter Gabriel fornivano materiale immaginifico a tonnellate per un’artista emergente come il venticinquenne Paul. Il quale però aveva, com’è giusto che sia, il vizio di voler essere ancor più imprevedibile degli stessi musicisti per cui lavorava.

La copertina di Foxtrot è concepita, artisticamente parlando, in un disegno unico per facciata e retro. Un’ampia spiaggia è disseminata di strani personaggi tra cui, in primo piano, uno strano gruppo di cavalieri bardati per un’inglesissima battuta di caccia alla volpe. La quale però già veleggia al sicuro, rossovestita e con un sensuale corpo di donna, a largo della spiaggia, su un’incongrua lastra di ghiaccio.

Ma, ohibò, i cavalieri sono quattro, come i famosi colleghi dell’Apocalisse. E visto che nella splendida suite “Supper’s ready” che occupa quasi per intero la seconda facciata del disco si parla, in modo decisamente dissacratorio di Bibbia e di religione, l’associazione è immediata “Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora» (Ap 6, 2)”

Il tutto sembra sia scaturito da una sorta di visione notturna, quasi medianica, avuta da Jill, moglie d’epoca di Peter Gabriel. Una trance repentina ed inaspettata, con improvvisi movimenti vorticosi e violenti della ragazza, che si esprimeva nel frangente con la voce alterata tipica dei medium. Peter non trovò di meglio che improvvisarsi esorcista, brandendo un estemporaneo crocifisso formato da due candelabri finchè in casa non tornò la calma.

Gabriel utilizzò subito l’episodio come base del complesso testo di “Supper’s ready” e Paul Whitehead non fu da meno piazzando in lontananza, sulla spiaggia, una fila di sei piccoli personaggi incappucciati sulla spiaggia, “six saintly shrouded men” guidati nel cammino da un settimo monaco che inalbera una croce.

E il jolly? Niente paura, non l’abbiamo dimenticato.

Quel burlone di Paul Whitehead pensò che un elemento riferito alla bollente tematica del sesso che pervade i testi del disco fosse indispensabile nella sua copertina. Ma doveva inserirlo in modo occulto, sia per aggirare i problemi con la censura, sia per puro divertimento creativo.

Ed ecco il dettaglio sfuggito alla maggior parte dei fan, esegeti compresi. Il cavallo più vicino all’inafferrabile donna-volpe, montato da un cavaliere col viso di un bel verde marziano sfoggia, non visto dai più, una clamorosa erezione.

“666 is no longer alone…” urla Gabriel nel momento culminante della bellissima suite. Sta parlando del diavolo o dell’orgasmo maschile? Quien sabe.

 

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