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Manuale di sopravvivenza

Caduta libera

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Un gradino. Uno stupido, scivoloso gradino. E sono a terra. Un rumore sordo. Poi la terribile sensazione di non poter muovere un muscolo. Mi guardo la spalla, girata al contrario, fa così male che non la sento. È un secondo, con la mano che posso muovere le do un colpo forte. non riesco a contarli, il settimo, l’ottavo, non so. Dai 13 anni ho avuto tanti di quegli incidenti che potrei vendere la collezione a sotebis. Sei ore in pronto soccorso mi fanno capire che non sono grave. Il dolore mi pulsa nelle vene, niente in confronto a tre anni fa, ma fastidioso. Ascolto i lamenti di Giovanni, che chiama con piccola timida voce l’infermiera, che non arriva, che non lo sente, che quando arriva urla il suo nome, gli da del tu, gli dice non fartela addosso ti porto il pappagallo. Cretina, Giovanni è vecchio, ha una storia, ha la sua timidezza, sta soffrendo, cretina smettila di urlare o uso la mano buona e ti riempio di schiaffi. Sarai vecchia anche tu, ragazza, vergognati. Lo dico ad alta voce, tutelata dalla mia condizione. Gli altri infortunati sorridono. Mi sento meglio. Quattro ore insieme ad altri corpi danneggiati in attesa di un che cos’è. Prendo una sigaretta dalla borsa, me la infilo in bocca. Spenta. Non si può fumare qui. Altra infermiera. Vede del fumo? Io le mangio le sigarette. No, non ti sto sfidando infermiera. Ho male e mi arrangio come posso. Mi schifo e reagisco. Dovevo festeggiare un compleanno d’amore stasera, non essere qui. Impegno il tempo, rassicuro un ragazzino con un colpo di frusta, spio un’altra infermiera che si connette a fb dal telefonino. Ascolto un poliziotto, racconta che quello appena entrato è stato legato a un palo con una corda intorno al collo e gli hanno sparato portandogli via alcune dita di una mano. Mi sorprendo di non sorprendermi più. Di niente. Fa caldo. Mi fanno male anche i piedi. Tolgo i sandali, cammino lentamente a piedi nudi sul linoleum caldo e sporco, mi è saltato lo smalto e rido. Mi guardano, chissene, conto sul fatto che pensino sia una svitata. In fondo sono nel posto giusto. Sotto controllo. Forse. il dolore aumenta, ho bisogno di fumare, vado alla porta, non se ne accorgono nemmeno. Esco, l’aria e l’asfalto sono bollenti, mi scaldano le piante dei piedi. Accendo la sigaretta. mi prendo tutto il suo tempo. Rientro, nessuno ha notato nulla. Le stesse facce immobili di prima sono sedute come prima. Tre di loro hanno tolto le scarpe, due seduti, uno cammina, scalzo. Sorridiamo.

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MONICA CAMILLA TORINO

Non posso scrivere la mia vita, è lei che scrive me. Abbozza, sbaglia, corregge. Mette punteggiatura a casaccio. Raramente mi lascia fare l'editing.

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