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Cinema

Caro Quentin ti scrivo, prima parte

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Uma Thurman

June, la meglio produttrice di Hollywood, ha un grosso grasso budget per le mani. Un finanziamento enorme e una mission impossible davanti a sé: fare un film sull’Italia.
“No, non l’Italia playing mandolino del Captain Corelli, nemmeno della Resistenza alla Spike Lee, e non parlarmi di To Rome with love di Allen, commedia sofisticata che in America non guarderà nessuno”.
Bob, quello che ci mette i quattrini, è stato chiaro.”Io voglio the true Italy, quella che qui andrebbe da matti, se solo avesse finalmente un film degno di lei. Guarda questo qua, lo vedi?”.
Ha messo su un video di Walter Lavitola che si costituisce all’aeroporto. Poi, in sequenza: un’intervista in cui Walter parla in tv di femmine e soldi, un video con Calderoli che tuona contro i migranti, Borghezio che dice “capisco i valori occidentali dietro la strage di Norvegia”, la foto di un leghista che parla al telefono incazzato con la Tanzania, un clandestino scippato del suo cellulare da una Guardia Verde, una spiaggia siciliana piena di spazzatura e un progetto di un ponte, una donna dai capelli scuri, forse a little bit tarantolata, che balla in un cerchio di druidi.
A quel punto June non ricorda più nulla. È svenuta. Resta una wasp, non è assuefatta allo spettacolo dello splatter all’italiana. Ma ha capito il senso. L’Italia come film totale. Un film che riunirebbe in sé tutti i generi cinematografici – dall’horror, al gangster, alla fantascienza, al fantasy, al western, al peplum – creando un capolavoro mai visto.
Un’occasione come questa capita una volta nella vita di una producer. E, mentre ancora mezza intontita si fa servire un doppio whisky dal segretario, dice sì. Yeah, of course, makes sense. I’ll try to do my best, Bob.
Il drink snebbia. E rivela. Davanti alla sua mente cinefila si svolge una scena. L’incipit delle Iene di Tarantino. Il dibattito fra gangster sull’esegesi di Like a virgin di Madonna.
Like a Virgin è una metafora della fava grossa”. Ecco, li vede, gli italiani del suo film, persi in dialoghi maschilisti, deliquianti ma precisi, al loro bar di sempre.
Cazzo, fica e soldi. Pensare che a lei la penetrazione piace solo manuale. Sorride fra sé e sé. I soldi, invece, le piacciono moltissimo in tutti i modi, ma con professionalità.
Professionalità assoluta, talento, fantasia, budget immenso. I have a dream.
Si fa portare un succo di carota dal segretario. Sta per prendere una decisione fondamentale per la sua carriera. Deglutisce. Trae un respiro profondo. Inutile cincischiare, si impone.
“Procurami l’e-mail segreta di Quentin” dice al segretario.
(fine prima puntata)

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