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Cento volte Il Giro

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Gino Bartali e Fausto Coppi

Il Giro d’Italia compie cento anni. E’ partito il 5 maggio da Alghero ma, purtroppo, quella che doveva essere una grande festa, è stata funestata dalla tragica scomparsa di Michele Scarponi. Io, appassionata di ciclismo, proverò a raccontarvi i fatti più importanti perché questo sport è metafora della vita e come la vita deve andare avanti.
Il Giro d’Italia è una corsa a tappe di ciclismo che si svolge lungo le strade italiane con cadenza annuale. Istituito nel 1909 su idea del giornalista forlivese Tullo Morgagni, da allora si è sempre disputato, nell’arco di tre settimane durante il mese di maggio. Il numero 100 avrebbe dunque dovuto essere quello del 2008; ma quando c’è la guerra non c’è il Giro, e tanti sono stati, in un secolo gli anni delle due guerre mondiali, tanti  quanti quelli che ci separano, appunto, dal 2008. Il Giro, l’ho detto, è metafora della vita; e anche per questo coincide con la pace.

Il primo Giro

Il primo Giro

Il Giro è una delle tre corse a tappe più importanti del calendario, insieme al Tour de France e la Vuelta a España. Storicamente è da ritenersi la seconda corsa a tappe più prestigiosa dopo quella francese. Ma a cavallo tra gli Anni Quaranta e Cinquanta (al tempo dei duelli Coppi-Bartali) e durante gli Anni Settanta, il prestigio e il numero di grandi ciclisti iscritti portarono il Giro ad avere un’importanza pari a quella del Tour.
Il record di vittorie è condiviso da tre campioni, ognuno con cinque vittorie, gli italiani Alfredo Binda, vincitore tra il 1925 e il 1933, Fausto Coppi, vincitore tra il 1940 e il 1953, e il belga Eddy Merckx, che vinse tra il 1968 e il 1974. Per quel che riguarda le vittorie di tappa, il record appartiene al velocista italiano Mario Cipollini, che nell’edizione del 2003 riuscì a superare il record di 41 vittorie che dagli Anni Trenta apparteneva ad Alfredo Binda.
La nascita del Giro venne formalizzata con un annuncio sulla “Gazzetta dello Sport” il 24 agosto del 1908, con la promessa di 25.000 lire di premio al vincitore. Il primo Giro d’Italia partì il 13 maggio 1909 alla 2:53 da Milano per la prima tappa di sempre, vinta da Dario Beni; tagliò il traguardo a Bologna dopo 397 km a 28,090 di media oraria.
I maggiori protagonisti, nei primi anni, furono Ganna e Galetti e, dopo alcune annate interlocutorie, si ebbero diversi protagonisti che sarebbero divenuti leggendari: Costante Girardengo, Giovanni Brunero, Alfredo Binda e Gaetano Belloni.
Il dominio di Binda era tanto forte che gli organizzatori decisero di non farlo partecipare al Giro d’Italia, nel 1930, riconoscendogli comunque un premio pari a quello che sarebbe spettato al vincitore, cioè 22.500 lire.
Armando Cougnet, vero ideatore e factotum del Giro d’Italia, dalla sua fondazione e fino al 1948, decise di istituire per il leader della corsa, nel 1931, un simbolo che lo rendesse riconoscibile a prima vista in mezzo al folto plotone. Fu così introdotta la maglia rosa, che venne vestita per primo da Learco Guerra, al termine della prima tappa del Giro di quell’anno, tra Milano e Mantova. Il Duce era contrariato perché considerava il rosa troppo femminile. Da allora, il Giro viene definito anche Corsa rosa. A partire dal Giro del 1933 invece si decise di premiare chi, più di altri, primeggiava sulle vette e si diede il la al Gran Premio della Montagna. Dal 1934 fu vinto da Guerra, Vasco Bergamaschi, Gino Bartali, Giovanni Valetti, Fausto Coppi e Fiorenzo Magni.
Tra due delle prime e più grandi personalità “mitizzate” dello sport italiano, Coppi e Bartali, nacque la rivalità che ha riempito per oltre un decennio le cronache sportive e mondane della nazione, contribuendo in modo fondamentale a rendere il ciclismo lo sport di massa che è diventato, al centro dell’attenzione dei mass-media. All’epoca, la rivalità tra i due campioni, era vista come una metafora della suddivisione politica e sociale del paese. I movimenti di ispirazione laica, impersonati da Coppi, e quelli d’influenza cattolica, rappresentati da Bartali, con la sua devozione e i suoi riti della tradizione popolare. Con le prime elezioni della neonata Repubblica italiana, Coppi e Bartali divennero i simboli dei due principali fronti politici in lizza, il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana: Coppi era definito comunista, mentre Bartali era il democristiano.
Dopo l’irruzione dei due K elvetici, Kübler e Koblet che nel 1950 si appropriarono il primo del Tour e il secondo del Giro, nel 1956 cominciò un vero e proprio dominio straniero che vide le vittorie del lussemburghese Charly Gaul, grande scalatore,  e di Jacques Anquetil, francese, fortissimo passista, re delle cronometro. Negli anni ’60 spiccano le vittorie di Vittorio Adorni e Gianni Motta, ma anche la sfortuna di Italo Zilioli (tre secondi posti in tre anni: 64,65,66). Cominciò, poi una nuova era che vide contrapporsi il Cannibale (così definito perché mai stanco di vincere) Eddy Merckx e l’italiano Felice Gimondi: il belga vincerà cinque Giri in sette anni mentre Gimondi trionferà in tre occasioni. Ritorneranno protagonisti gli italiani con Giuseppe Saronni che vincerà il Giro d’Italia 1979 davanti a colui che diventerà il suo più grande rivale, Francesco Moser.
Negli anni ottanta arriva al Giro d’Italia il francese Bernard Hinault, che parteciperà a tre Giri, vincendoli tutti. Giovanni Battaglin, Saronni e Moser si spartiranno gli altri successi. Nella prima metà degli anni ‘90 fu lo spagnolo Miguel Indurain a dominare la corsa italiana conquistando le tappe a cronometro, specialità nella quale era maestro e difendendosi in salita: in questo modo conquistò i Giri 1992 e 1999.
Il 1998 fu l’anno del “pirata” Pantani, che batté Tonkov e conquistò il Giro d’Italia, trionfando poi anche al Tour de France. Nel Giro del 1999, Marco Pantani ripartì come favorito, riuscendo a portarsi in testa alla classifica; ma, a poche tappe dalla fine, dopo la frazione di Madonna di Campiglio, venne fermato in via precauzionale per valori di ematocrito fuori della norma. Risentì del clamore mediatico suscitato dalla vicenda e, caduto in depressione, morì il 14 febbraio 2004 a Rimini, per intossicazione acuta da cocaina con conseguente edema polmonare e cerebrale, così come provato dall’autopsia.
A Gianni Mura che gli chiedeva: «Marco, perché vai così forte in salita?» lui rispondeva: «Per abbreviare la mia agonia.» Il Giro del 2000 prese il via da Roma per celebrare il Giubileo. In questi ultimi anni il ciclismo è profondamente cambiato: il gioco di squadra, la sicurezza dei corridori e purtroppo il doping. Ma comunque, il 5 maggio, noi tifosi saremo tutti davanti alla TV o sulle strade a vedere la Corsa Rosa. BUONE PEDALATE!

La "Corsa rosa" oggi

La “Corsa rosa” oggi

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