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Società

Chemioterapia per la povera Italia?

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Mettiamo che l’Italia abbia il cancro. Allora, solo una potente chemioterapia potrebbe salvarla. Con spaventosi effetti collaterali. Renderla sterile, farle cadere i capelli, lasciarla incorrere in altre malattie mortali. Ma se fosse cancro, per salvarla dovremmo accettare per forza la cura feroce. Senza raccontarci favole. Le erbette, le tisane, le paroline gentili non servirebbero a niente. E i rimedi demagogici che ovunque si offrono con abbondanza la ucciderebbero ancor prima.
Ma l’Italia ha davvero il cancro? Non lo so. Quasi sempre la vedo marcia, viziata fino alle midolla, popolata solo da cellule egoiste e cieche che si distruggono l’una con l’altra.
A volte invece immagino una diversa diagnosi – che potrebbe suggerirci una diversa terapia, meno velenosa. Cerco teorie e suggerimenti che mi diano speranze. Leggo ovunque. Per lo più sparate micidiali, oppure arzigogoli ideologici. Ohimè. Robaccia.
A volte, però, intravedo, o credo di intravedere, barlumi di fantasia supportati da robusta conoscenza, attimi di un pragmatismo nutrito di idealità. Speriamo crescano. Se ne venite a contatto, vi prego informatemi. Datemi nomi, gli indirizzi precisi. Sono in ansia per la mia Italia.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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