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Come e perché ho ripreso a leggere quotidiani

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Fotomontaggio di Aglaja con immagine dell'Autrice

Avevo smesso. Tanto davano tutti contro il PD. Diffondevano con i megafoni le risibili bufale del web. E allora, le bufale, me le leggevo direttamente sul web, a caratteri ingranditi a +200 a misura di vecchia cecata. Adesso che, dopo l’operazione di cataratta, li posso leggere, i principali e storici quotidiani, scopro di aver qualcosa da imparare. Anche se non sono certo perfetti.
Primo: i giornalisti professionisti scrivono meglio dei troll sovvenzionati da Casaleggio e associati
Secondo: con un governo orripilante come l’attuale, fare opposizione aumenta le copie vendute.
Terzo: in un articolo trovano posto più concetti che in un post.
Quarto: litigare con la carta è più difficile. Ti lascia troppo tempo per riflettere.
Vorrei soffermarmi su La Repubblica:
1) pessima la cronaca con le notizie sbagliate, nomi errati, i delitti confusi.
2) il Partito di Repubblica ci ha sempre consigliato malissimo in politica, (non parlo male di Scalfari perché da giovane era molto bello)
3) l’inserto culturale era troppo radical chic per me, e ora è troppo superficiale.
4) molti anni fa crearono la bolla mediatica su Capalbio, ogni estate vi si leggevano gossip storie su improbabili mandrie di ricchi comunisti snob – balla che ha rovinato per sempre il nome di un paesino a 20 chilometri dal mare, privo di lungomare, posto barca, boutiques, gioiellerie, bar chic su piazzette.
5) negli ultimi anni, poi, ci sono stati gli astrusi attacchi contro i due migliori governi che l’Italia abbia avuto dal dopoguerra in poi e il povero Renzi sembrava diventato il diavolo.
Magia: adesso Rep è cambiata, non le piacciono i gialloverdi, giustamente. Ma Renzi resta il diavolo. Nel frattempo, cosa mi hanno regalato i figli per il 76esimo compleanno? L’abbonamento a Repubblica, cartaceo. Mi aspetta un anno ricco, intenso, pieno di riflessioni e approfondimenti. E incazzature.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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