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Racconti

Corpo celeste

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L’alba è una striscia che indugia sul parquet, sotto la coltre di velluto. Non ha dormito.
Non ne ha bisogno. Rilegge la relazione, le cifre incolonnate, gli spazi bianchi. È tutto in ordine. Si specchia nel foglio. Gli occhiali scivolano sul naso e si arrestano sulla punta.
In cima al foglio c’è una macchia. Una stella nera che agita le punte. Poi sparisce.
Ricompare sul bordo. La mosca struscia le zampette sulla carta e riprende il volo. L’uomo segue la traiettoria del corpo celeste nel vuoto della stanza. Sorpreso da quell’intrusione, incolla gli occhi alla porta. È chiusa. Anche la finestra. Le pieghe della tenda precipitano sul pavimento. La mosca è lì, che ripete le sue parabole.
Si chiede come abbia fatto a entrare. Poco importa.
Un’ultima scorsa al foglio prima di infilarlo nella cartellina. Sarà puntuale, come sempre. Immagina la faccia del capo. La stretta di mano. L’espressione diligente preparata da tempo per ricevere la promozione.
Dissipa le fantasie al primo rigo. S’impone attenzione. Impossibile. Il ronzio della mosca persiste, intermittente. L’uomo si alza. Spalanca le tende. Apre la finestra. Il sole acceca. Il davanzale è basso. Troppo basso. Vola. Un tonfo. La mosca galleggia nell’aria e va via.

Immagine: Roberto Calvino

SALVATORE RONGA

Nacque a bordo di un’isola nel golfo di Napoli, Ischia. Sbarcò raramente, così da poter attribuire al rollio ogni tormento esistenziale. Sperimentò varie forme di gastrite. Perse i capelli, ma non perse tempo a raccoglierli. Amò più di quanto i suoi amici sospettassero e odiò molto meno di quanto i suoi nemici avessero creduto. Venne alla luce il 13 luglio 1969 e da allora non fa che scrivere e riscrivere il suo epitaffio.

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