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Da San Giorgio del Sannio a Frosinone.

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Èuna c.d. tappa di trasferimento. Sulla carta almeno dovrebbe essere un percorso, ancorché lungo (166 km), facile. Tutto in pianura. Queste sono le tappe in cui la ribalta solitamente è dei gregari. Tuttavia, atteso che Tiralongo si è messo a fare il campione, potrebbero essere i campioni a fare i gregari, per cercare finalmente un po’ di gloria.
La gloria di colui che, sotto il fascismo, tutto moveva arrivò a San Giorgio la Montagna quando, alla fine del 1926, scelse un suo figlio prediletto per farne capo dell’OVRA (Opera Volontaria per la Repressione dell’Antifascismo, ovvero Organizzazione di Vigilanza e Repressione dell’Antifascismo, oppure Organo di Vigilanza dei Reati Antistatali; del resto sembra che sia stata non soltanto la polizia politica del fascismo ma anche la polizia segreta e perciò almeno il nome doveva essere misterioso).
Arturo Bocchini, il figlio prediletto, prefetto fascista della prima ora, non sopportava proprio il soprannome di “montanaro” che i colleghi invidiosi gli avevano affibbiato. Perciò nel 1929 si adoperò per cambiare il nome di San Giorgio la Montagna (del feudo di Montefusco) in San Giorgio del Sannio.
Da qui parte la tappa. Prosegue per la città, che la leggenda vuole fondata da Diomede, degli Osci e dei Sanniti: Maloentun. I romani, a cui i sanniti stavano – e non poco – sulle palle, storpiarono il nome in Maleventum. Ma poi, quando, sempre da quei pizzi, dovettero combattere anche gli elefanti di Pirro, decisero che era proprio il nome a portare sfiga e così lo cambiarono in Benevento.
Si continua verso nord attraversando, a fondo valle, improbabili paesaggi montani dominati sullo sfondo orientale dal massiccio del Matese. E’ la valle del medio Volturno, circondata dai monti Trebulani (trebula è il nome dato dai romani a molte piccolissime città a vocazione agricola). Sembra di essere in Svizzera, ovvero proprio nella terra di mezzo di Tolkien. Boschi di faggi, di lecci, di carpini, di frassini, di corbezzoli, e, più in alto, di castagni e di betulle, trascorrono dinanzi agli occhi pieni di stupore dei ciclisti del nord europa che vedono cadere in frantumi i loro stereotipi sull’orografia del mezzogiorno.
La tappa quindi s’immette sulla Casilina e, scivolando sotto monte Cassino, si infila in Ciociaria.
Qui pedalando, per le strade di Arce, dove Garibaldi nel 1849 pronunciò un obbedisco a Mazzini che lo voleva a Roma per difenderla dai franzosi papalini, e per quelle di Ceprano, che Pio IX la volle Città per la costante e inviolabile fede verso la Santa Sede, giunge all’arrivo in viale Europa a Frosinone. Il capoluogo di una delle province più colpite dalla crisi. La disoccupazione giovanile è ora al 30%. L’altro giorno un giovane ciociaro, dopo numerosi tentativi di ricerca del lavoro, disperato, si è infilato un coltello nella pancia. E’ in fin di vita. A lui il vincitore della tappa dovrebbe dedicare la vittoria.
Ah! Dimenticavo! Vincerà in volata Roman Kreuziger. Me l’ha detto una strega di Benevento.

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