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Società

Di che colore sei?

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Da "National Gegrafic"

Io, per esempio, sono color patata cruda appena tagliata, un verdino acidulo gialliccio – ma, d’estate, arrivo a un gradevole nocciola mediorientale, senza neanche mai scottarmi.
Ci sono le persone panna e fragola, che hanno capelli rossi o chiarissimi – e, quindi, se si spostano al sole, la fragola finisce, ohimé, per predominare sulla panna.
I cinesi sono color rosa tea, mica gialli. I pellerossa si abbronzano in color acajou. Ci sono africani color cioccolato fondente al 99%, quelli al 75%, quelli al 60% – ci sono anche di un bellissimo marron glacè. E dove mettiamo il caffellatte e il cappuccino?
Ci sono, restando nei dolci, al nord più nordico, i pallidoni trasparenti color cioccolato bianco, che bianco non è, ma reca una lieve opalescenza giallovomitina.
Claudio invece è di un adorabile rosa confetto, che per sua e mia fortuna con l’estate diventa di un caldo bronzo ramato, dopo esser passato per il peperone, ma è l’iter normale. Mentre i rosa maialino, loro, al sole, poverini, diventano fucsia e poi esplodono.
La mia amica Nadia è tutto l’anno di un bel beigiolino rosato, e l’estate scurisce bene, anche se è bionda, ma solo perché, essendo genovese, è da sempre tutt’uno col mare e le sue conseguenze. Giacomo è grigio e ha i capelli verdastri, lo giuro. D’estate non si abbronza, non si scotta, e resta grigio, magari un po’ fumé.
Gli italiani hanno in genere sul viso tutte le sfumature del beige, da certi pugliesi nocciolati con occhi nerissimi, al color verde-smog dell’epidermide di molti milanesi, che hanno gli occhi, spesso, dello stesso colore fangoso – ma consoliamoci coi sani montanari delle alpi, dall’incarnato di mela con pomelli ciliegia – per inciso, molti di loro hanno occhi come laghetti, dal verde smeraldo all’azzurro pervinca.
Ci sono fra gli umani molte pelli color crema, di quasi tutti i tipi di crema commestibile, dalla majonese alla crème anglaise, dalla senape alla Nutella. Ma bianco neve non ho mai visto nessuno. E nemmeno nero carbone.
E voi, di che colore siete? Ditemelo, tanto qui non ci sente nessuno.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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