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Società

Elsa Fornero e il linguaggio

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Abbiamo avuto in prima pagina per un anno escort che si riempivano di sms con “tvb”, cuoricini, X che stava al posto di “per”, bimbominkiaggini varie ed assortite, consigli per gli acquisti e per il godimento di Lui… Era facile deriderle, farne oggetto di goliardia, dedicare a loro il peggio dell’italica, e mai sopita, misoginia.
Molte hanno occupato le piazze per testimoniare, con i loro corpi e le loro voci, che le donne italiane non sono solo elettrizzate fan di borsette Gucci ottenibili con vendita di “favori” al Gran Capo.
Caduto il Gran Capo, anche per merito delle donne, forse qualcuno si illudeva che tutto potesse regredire agli anni Cinquanta, che la “sobrietà” fosse anche un ritorno nell’ombra delle donne. Almeno sul piano mediatico.
La ministra Fornero ha fatto sì che questo non accadesse. Ha voluto che la si chiamasse “ministra” declinando al femminile una carica che fino al suo insediamento aveva avuto un solo genere: quello maschile. Ha quindi costretto a una riflessione sul linguaggio sessista rifiutando il “la” di fronte al suo cognome.
Infine ha parlato con un linguaggio nuovo alla sua interlocutrice sindacale Susanna Camusso. Ha detto «Se uno comincia con il dire no, perché dovremmo mettere lì una paccata di miliardi e poi dire: voi diteci di sì?». Ha detto “paccata”, ha parlato come da anni parlano i politici italiani che vogliono fingere di parlare al popolo.
Scandalo. “Paccata” lo ha detto una donna. Non sta bene, non riporta l’immagine femminile negli schemi consentiti, nel garbato parlare che i teo-con di tutti i partiti amano.
Fornero ha rotto lo schema linguistico del perbenismo misogino atavico. Ha parlato la lingua che le donne parlano nel quotidiano, con franchezza.
Si può non condividere la sua proposta di riforma del lavoro ma, indubbiamente, la ministra ha rivoluzionato lo schema anni Cinquanta alla quale molti volevano far ritorno.
Ha parlato chiaro. Quel “paccata” vuol dire che non saremo mai come ci volete voi.
Le vere rivoluzioni cominciano dal linguaggio, diceva Walter Benjamin.

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