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Racconti

Esposizione a Palazzo

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«Piacentini Pio, di anni 54, forse. Senza fissa dimora, sicuramente. Scrivi Clemè!»

«Aggio scritto, Antò!»

«Allora, Signor Piacentini, lei non può stare qua!»

«Perché? Tutti stanno seduti sulla scalinata!»

«Sì, ma gli altri non stanno infilati dentro un sacco a pelo!»

«D’accordo! Mi sfilo dal sacco.»

«Così, quando noi ce ne andiamo, ci si rinfila e si mette pure sotto l’androne!»

«Il pronao, vorrà dire. L’androne, che letteralmente significa appartamento degli uomini, si riferisce ai palazzi.»

«E questo cos’è? Si chiama per l’appunto Palazzo delle Esposizioni!»

«Caro Antonio…»

«Non esageri, Signor Piacentini! Io sono l’appuntato Antonio Marchese e lui è il carabiniere semplice Clemente Maio. Non si allarghi!»

«Mi correggo! Signor appuntato Marchese, questo non è un palazzo, bensì un Tempio. Il Tempio dell’arte. Inaugurato nel 1883 alla presenza del re, Sua Maestà Umberto I.»

«Va bene, va bene, Signor Piacentini. Ora noi ce ne andiamo, ma lei faccia il bravo. Può restare seduto sugli scalini ma non usi il Palazzo, o tempio che dir si voglia, come casa sua. Ci siamo intesi?»

«Oh bella! Ma questa è casa mia! L’ho progettato io, questo Tempio!»

Ma i carabinieri sono già lontani. Pio ne approfitta. Si distende dentro il suo giaciglio a godersi il sole di febbraio come un vecchio gatto grigio e sporco che, una volta, è stato un campione da esposizione.

Si sveglia che è già buio. L’aria è cambiata. È più pulita. I rumori del traffico sono cessati, tranne per uno scalpiccio di zoccoli che diventa sempre più forte, finché compare un cab. Ne scendono due dame in crinoline. Vedendo Pio gli si fanno incontro. «Architetto Piacentini, che fa costì a quest’ora di notte? Ha fatto gozzoviglie, eh?»

Senza indugio lo accompagnano alla carrozza, che si allontana in direzione di piazza Venezia.

 

Il giorno dopo l’appuntato Antonio Marchese e il carabiniere Clemente Maio trovarono sulla scalinata del Palazzo delle Esposizioni un sacco a pelo, all’apparenza vuoto. Appena scosso, rivelò un vecchio gatto, grigio e sporco, che, dopo aver ossequiato le autorità, se ne scappò giù per la scalinata.

 

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