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Costumi

Essere Surrogata

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Foto di Giovanna Nuvoletti

 

Cosa si deve provare a mettere al mondo un figlio per un’altra persona?

 

Più o meno lo so. I miei tre li ho messi al mondo anche per i loro padri, oltre che per me.

 

Ma farlo per qualcuno che poi se lo porterà via? E’ più dura. Il bimbo è lì, sotto il tuo cuore che batte. Lo senti muoversi. Manine, piedini. E’ una nuova piccola vita. Fin qui è una bella cosa, diciamolo.

 

Però tu sai che non vuoi o non puoi tenerlo, che un’altra coppia se lo porterà via tra qualche mese. Coppia mista, coppia di uomini, può darsi anche di donne, a volte. Che alla fine se ne andranno felici col fagottello. Che a sua volta avrà una vita decente, mangerà, si vestirà, andrà a scuola. Magari diventerà un ingegnere, o una astronauta, un fisico o una presidente di qualcosa. E tu? Ti sentirai mancare un pezzo di te?

 

Ti hanno abbracciata, poi sono partiti. Se sei povera, e t’hanno pagata, darai agli altri figli di che mangiare e studiare a loro volta. Vestiti, lenzuola, scarpe. Se non sei povera, ma t’hanno pagata, magari potrai permetterti di tornare a scuola, di laurearti nella materia che avevi sognata. Avrai figli tuoi. O forse hai compiuto gratis tutto l’iter, solo per amore, e libertà. Ma credo che di quell’essere che fu nel tuo corpo avrai comunque nostalgia. Così piccolo, così indifeso. Ti verrà voglia di averne notizie, magari di essere un poco nella sua vita. Chissà.

 

Però una cosa la sento per certo: che non ti senti umiliata né sporca, che non ti vergogni di te. Piangerai, ma saprai che di brutto non ha fatto nulla.

 

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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