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Cucina Intelligente

Gea’s stew, non proprio uno stufato

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Stew perché non è uno spezzatino, né un goulash, né un brasato, né uno stufato.
È un po’ di tutto questo e niente affatto, è una cosa che a casa mia si chiamava sugo nero, per distinguerlo da quelle cose rosse e untuose che si mangiavano in famiglie meno fortunate. Ed è cosa che mai viene due volte uguale proprio, anche se gli ingredienti son sempre quelli; dopo lungo meditare ho deciso che deve trattarsi del fattore pressione atmosferica.
A proposito di pressione, ce l’avete la pentola omonima? È essenziale per ridurre i tempi a qualche ora invece di un giorno intero… non spaventatevi, è semplicissimo, e il trucco sta nel farne quantità industriali e congelare: regge benissimo, e oltre tutto è la soluzione per non essere impreparati davanti a ospiti improvvisi.
Dunque, per prima cosa vi serve la carne: guancia di manzo, esclusivamente. Diciamo un chilo e mezzo. Poi: tre o quattro cipolle rosse (a seconda delle dimensioni), un barattolo di polpa di pomodoro, una bottiglia di vino rosso (va a gusti, ma secondo me se è più corposo è meglio), battuto di lardo e olio extravergine, bacche di ginepro, rosmarino e maggiorana.
La carne va tagliata a tocchetti, piccoli è meglio, diciamo dimensione ultima falange del pollice (medio, ovviamente. Siate obiettivi). Le cipolle vanno frullate col pimer, a crema.
Direttamente nella pentola a pressione, soffriggere le suddette in metà lardo battuto e metà olio extravergine, a fuoco bassissimo e per il tempo sufficiente a imbiondire appena, buttarci la carne, salare e rosolare finché non abbia più niente di roseo sulla sua superficie, bagnando al caso con un po’ di vino. Quando vi sembra che sia ok, aggiungete la polpa di pomodoro (al massimo un barattolo, mi raccomando), tre bacche di ginepro, un tot di rosmarino e maggiorana (a naso, letteralmente: deve piacervi l’odore), la bottiglia di vino, e chiudete la pentola.
E adesso aspettate: dal fischio, almeno un’ora e mezza/due. Spegnete il fuoco e lasciate che sfiati da sola (un’altra mezz’ora), poi aprite e vedete se è il caso di restringere un po’ a fuoco basso.
Fatto, eh.
Con queste dosi vi fate quattro vaschette di un ottimo sugo per la pasta, o da mangiare con la polenta, o da diluire un po’ e cucinarci dentro patate a pezzettini.
E quando lo mangiate, pensatemi, ché questa è l’ultima elaborazione di una ricetta che è passata per quattro generazioni di donne.

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