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Società

Happy Days

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Fonzie e la famiglia Cunningham

Stamattina non avevo niente da fare.
Devo dire che ultimamente mi capita più spesso di quello che vorrei, ma questa è un’altra storia. Fatto sta che ho acceso distrattamente la tv. Non lo faccio quasi mai, perché detesto i talent show, le gare gastronomiche e le piazzate politiche, in genere gestite da conduttori con la bava alla bocca, desiderosi di compiacere la pancia brontolante del popolino e, soprattutto, del proprio editore. Naturalmente per renderlo incline a versare prebende sempre più ricche nelle tasche di chi riesce, onore al demerito, a incollare con ogni mezzo al video un numero almeno passabile di telespettatori.
Che parola, “telespettatori”. Sa di passato, di Mike Bongiorno, di Giro d’Italia in bianco e nero.
Insomma (non mi costringere a usare l’odioso termine “zapping”), scorrendo l’interminabile lista dei canali a disposizione, indovinate dove sono finito a planare? Su un’emittente che trasmetteva, inopinatamente, una memorabile puntata di “Happy Days”. Nome che, va da sé, profuma di metafora involontaria.
In questa puntata, Fonzie e il signor Cunningham sono cooptati a partecipare a una giuria popolare, che deve decidere (ah, i processi americani) le sorti di un presunto scippatore di borsette che, sorte ria, era anche di colore. Ci credereste? Ne esce la più godibile delle parodie di quel capolavoro che è e resta “Twelve angry men”, titolo italiano “La parola ai giurati”. Lo abbiamo visto tutti, no? Magari proprio di mattina, quando la Rai degli anni sessanta in occasione della Fiera di Roma (mai capito il collegamento) mandava in onda film vecchi ma meravigliosi. Sotto la guida di Sidney Lumet, un Henry Fonda degno dell’ Oscar (che non vincerà) convince tutti gli altri undici membri di una giuria chiamata a mandare sulla sedia elettrica un ragazzo sospettato di omicidio che no, forse non è stato lui. O, per lo meno, instilla in tutti con fatica improba quel ragionevole dubbio che è alla base dello Stato di diritto e della democrazia, salvandogli la vita.
Fonzie fa esattamente lo stesso. Dimostra agli altri giurati, vogliosi di una condanna sbrigativa, che l’autore dello scippo non poteva essere il ragazzo nero. Perché? Perché guidava una moto inglese, e solo ad Arthur Fonzarelli, espertissimo in materia, non sfugge che le moto inglesi hanno la manetta del gas a sinistra: scippo destrorso impossibile, dunque!
Un capolavoro. Speriamo che domani mattina ne trasmettano un altro

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