Caricamento

Digita la ricerca

Cultura

I grandi provinciali E “Mamma Roma”

3.630 visite

Anna Magnani in "Mamma Roma"

Non è forse un caso che a raccontare l’anima di Roma, della sua gente, del suo proscenio e del fascino più raccolto dei suoi innumerevoli misteri, siano stati soprattutto dei provinciali illustri, ivi trapiantati, che l’hanno detestata e pure intensamente amata.
Dopo D’Annunzio, la memoria corre a Palazzeschi e Gadda, Patti, Pasolini, Flajano, non senza menzionare i titoli di testa cinematografici di Fellini, Risi, Germi, Bertolucci e Scola.

Marcello Mastroianni e Federico Fellini

Marcello Mastroianni e Federico Fellini

Veri ‘romani’ costoro non furono mai né mai avrebbero potuto riuscire ad altro, se non mimare, ma non aderire a quella ‘belliana’, cattolica pigrizia che distingue il tono sentimentale della città unitamente alla sua proverbiale, quasi plumbea e tombale indifferenza.
Di quest’ ultimo aspetto si curò mirabilmente un romano vero e proprio, Alberto Moravia, nel suo romanzo più famoso (ma in genere in tutta la sua produzione letteraria). Moravia tuttavia non ebbe mai con Roma un rapporto empatico: proiettò un radiogramma anestetico della città, con l’io narrante che guarda da lontano e non partecipa affatto al dramma vitale dei suoi personaggi.
Borghese per antonomasia, il ‘romano’ Moravia non amava il popolo di Roma, come invece lo amò Gioacchino Belli, che pure avrebbe voluto dare alle fiamme il ‘monumento plebeo’ in versi riassunto nel suo ‘Commedione’.
A trasmettere pathos, sia pure controverso, ma pur sempre intensamente vissuto, furono dunque soprattutto i grandi provinciali, piuttosto che i nativi, chiamati a misurarsi con ‘Mamma Roma’.
Forse, l’unica penna di autentico ‘romano’ capace di adesione naturale allo spirito della città fu quella di Gabriele Baldini: che mise a frutto le doti di prosatore d’arte leggero e acutissimo per attraversare tante gioie, dolori e miserie umane con la vena scanzonata, il sorriso indulgente e sapienziale che è tratto tipico di chi, volente o nolente, è nato all’ombra del ‘Cuppolone’.

Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Laura Betti

Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Laura Betti

 

Tags:
DUCCIO TROMBADORI

Duccio Trombadori. Nato a Roma nel 1945, figlio e nipote d’arte, dal padre Antonello e dal nonno Francesco ha ereditato la passione per la politica e la pittura. Laureato in Filosofia, è stato giornalista, critico d’arte, saggista, docente di estetica alla università di Architettura di Roma. Ha iniziato a scrivere d’ arte su ‘L’Unità’ alla fine degli anni Settanta, ha continuato in seguito su ‘Rinascita’, ‘Panorama’, ‘Il Foglio’, ‘Il Giornale’, e sul Tg3. Esperto d’ arte italiana del ‘900, ha diretto una rivista d’arte (‘Quadri&Sculture’, 1993-1998) ed ha curato monografie di Mario Mafai, Francesco Trombadori, Antonio Donghi, Riccardo Francalancia, Giulio Turcato, Renato Guttuso, Mario Schifano, Mario Ceroli. Tra il 1993 e il 2013 ha collaborato a diverse edizioni della Biennale di Venezia, di cui è stato consigliere di amministrazione. E’ stato più volte consigliere di amministrazione della Quadriennale di Roma. E’ autore di un libro- intervista con Michel Foucault (1982) e di una biografia ragionata di Gino De Dominicis (2012) . Un suo libro di versi (’Illustre Amore’, 2007) è giunto finalista al Premio Viareggio. E’ pittore di piccoli paesaggi di gusto ‘novecentesco’ che ha esposto a Parigi e Roma tra il 1990 e il 2014.

  • 1

Ti potrebbe piacere

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *