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I labirinti di M.C. Escher al Chiostro del Bramante

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Foto Stefania Trifoni scattata al Chiostro del Bramante, Roma

Foto Stefania Trifoni

«Perché siamo come tronchi nella neve. Apparentemente vi sono appoggiati, lisci, sopra, e con una minima scossa si dovrebbe poterli spingere da una parte. No, non si può, perché sono legati, solidamente al terreno. Ma guarda, anche questa è solo una apparenza».

Questo breve racconto di Franz Kafka mi sembra il modo migliore per fotografare l’essenza del mondo di Escher, le cui opere sono in mostra a Roma, al Chiostro del Bramante sino al 21 febbraio 2015.

Escher trasforma la realtà in apparenza e viceversa. I suoi quadri, le sue litografie ci danno il capogiro facendoci credere qualcosa che non è.

Salire e scendere per trovarsi nel medesimo posto. Uscire dalla percezione degli altri per entrare in una caotica metamorfosi dove cielo e mare si sciolgono su una scacchiera in cui i pezzi non si muovono ma si volano e si nuotano.

È il gioco pigro dell’universo. Quattordici miliardi di anni luce in pochi centimetri di tela su cui dilatare il tempo e lo spazio osservando tutto attraverso una sfera di lucido acciaio.

La sfera ruota su se stessa e il lombrico di cinquecento milioni di anni diviene un pesce e quindi un uccello che posandosi sul davanzale della finestra ancora si trasforma. Ora è la mano che regge la sfera che inquadra come un fish eye il proprietario della mano, lo studio, i mobili, la finestra e il cielo dove volava l’uccello.

Ciò che si percepisce è una grande illusione, ma al tempo stesso dimostra che è proprio da una grande illusione che tutto si è mosso.

Addentriamoci perciò, senza timore, in questo labirinto dell’impossibile in cui ciò che ci appare concavo è convesso, il vuoto è pieno, il cielo mare, le salite discese, il tempo spazio e noi stessi non siamo più, diveniamo.

E l’osservazione del nostro divenire non ha altro significato che il divenire stesso.

Nascere, vivere, morire sono linee, colori, scale, torri, acqua e foglie poggiate sull’acqua. Le foglie hanno concluso il loro percorso di vita, ma il riflesso dei rami spogli le tiene ancora legate alla primavera.

Possiamo anche cercare l’uscita dal labirinto di Escher e possiamo, magari per caso, trovarla, ma non ci illudiamo, sol per questo, di avere avuto ragione dell’apparenza.

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