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Gran Premio di Montecarlo, il mio

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Gran Premio

Quando Alberto mi comunicò che non poteva esserci a causa di un imprevisto istituzionale, pensai che me la sarei cavata comunque e partii. Un motociclista mi rilevò all’ingresso del Principato e così arrivai, presto, al garage sotterraneo. Il portiere mi consegnò le chiavi, aveva appena dato la posta a Ringo. Sì, Ringo Starr dei Beatles. Dal diciannovesimo piano vedevo le Mirabeau Bas sino all’ingresso del Tunnel: non male. Rue Princesse Grace distava anche poco dal Casinò, caso mai. Nel frigo trovai lattuga e gamberetti pronti a diventare insalata. Presi una bottiglia di Châteu de Tracy 101 Rangs dal cassetto di refrigerazione dei bianchi e, con cura, me lo servii: sublime. Lo schermo era di quelli n/pollici e l’accesi. Il telecomando era poggiato sopra un po’ di pass. L’insalata deliziosa e quel bianco freddo mi ricordarono che la vita mi stava sorridendo, anche con “piccole cose”. Quando vidi i box mi accorsi di un foglio attaccato. «Apri tutte le finestre, fai entrare sole, mare e puzza di ferodi e gomme in fiamme. Appena sentirai arrivare dalla strada il rombo dei motori che diventa musica spegni tutto il volume della tv e goditi, da re, il Gran Premio, particolari e replay compresi. Credimi, hai la più comoda visuale di tutta Montecarlo. Guarda che le bottiglie in frigo, dello stesso tipo, sono sempre due! Con invidia, Alberto».

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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