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Il mio buon barbiere e lo scultore Mazzullo

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Giuseppe Mazzullo al lavoro nel suo studio

Trovo appesi nel salone del mio barbiere, un bugigattolo in Prati, tre disegni di nudo femminile, preziosi cammei che subito mi attraggono: ecco il sicuro segno di un artista, vibrante e autentico…mi avvicino, guardo la firma…non mi sbagliavo: è Giuseppe Mazzullo (1913-1988), eccellente scultore siciliano emerso a Roma a metà degli anni Trenta, partecipe della tendenza realista, presente alla Biennale del 1950 (e poi ancora fino al 1966), via via indirizzato verso un vigoroso e pur sempre gentile arcaismo espressivo, fino alla fine dei suoi giorni.
Il mio barbiere mi osserva stupito. Quei disegni li ha appesi al muro del suo salone dopo averli ricevuti da una anziana signora che li teneva in cantina, e se ne voleva sbarazzare.
I disegni sono appesi assieme ad altre cianfrusaglie abbozzate da disegnatori imbrattacarte. “E’ stato un grande artista, sei fortunato’, dico. “quanto vale?”, mi chiede. ‘Molto poco’ rispondo ‘nemmeno qualche centinaio di euro, se trovi chi te li dà’…
Il barbiere mi guarda incredulo, pensava che quei disegni valessero ancora di meno: ‘allora ho avuto fortuna!’ dice. ‘Si’, rispondo’ perché hai l’arte che ti illumina la casa e tu non sapevi nemmeno di averla’.
Sic transit gloria mundi. Di Giuseppe Mazzullo oggi non sa niente quasi più nessuno, non dico il mio gentile e innocente barbiere, ma gli storici, i critici d’arte, i cosiddetti amatori d’arte, i presunti conoscitori e frequentatori di ‘situazioni artistiche’.
Siamo messi molto male. Pochi sanno che nella casa studio di Mazzullo nel quartiere Trieste, si radunava la generazione fremente del dopoguerra a Roma; erano di casa Zavattini,Guttuso, Matta, Vespignani,Rafael Alberti, Consagra, Dorazio, Ungaretti e Cardarelli…
Abilissimo disegnatore, coltivò sin da fanciullo la passione per la lavorazione della pietra e così le sue sculture presero forma prevalentemente da massi recuperati nei greti dei torrenti o nelle cave.
A metà degli anni settanta, dopo aver lasciato l’insegnamento all’Accademia, Mazzullo tornò definitivamente in Sicilia; alle falde dell’Etna organizzò un grande laboratorio in cui poté realizzare l’ultima fase delle sue sculture, in pietra lavica e granito, alcune di dimensioni monumentali.
Per la complessità e la qualità delle sue sculture è considerato una figura unica nel panorama artistico del Novecento. Sue opere sono custodite in prestigiose collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Al suo paese natale, Graniti, in provincia di Messina, è aperta una casa museo con le sue opere.
In Italia, oggi, nel mondo ‘che conta’, dove la gente va e viene chiacchierando a bocca spalancata di ‘arte’, il suo nome è però praticamente Nessuno. A questo punto siamo di miseria culturale e morale…

Un disegno di Mazzullo

Un disegno di Mazzullo

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DUCCIO TROMBADORI

Duccio Trombadori. Nato a Roma nel 1945, figlio e nipote d’arte, dal padre Antonello e dal nonno Francesco ha ereditato la passione per la politica e la pittura. Laureato in Filosofia, è stato giornalista, critico d’arte, saggista, docente di estetica alla università di Architettura di Roma. Ha iniziato a scrivere d’ arte su ‘L’Unità’ alla fine degli anni Settanta, ha continuato in seguito su ‘Rinascita’, ‘Panorama’, ‘Il Foglio’, ‘Il Giornale’, e sul Tg3. Esperto d’ arte italiana del ‘900, ha diretto una rivista d’arte (‘Quadri&Sculture’, 1993-1998) ed ha curato monografie di Mario Mafai, Francesco Trombadori, Antonio Donghi, Riccardo Francalancia, Giulio Turcato, Renato Guttuso, Mario Schifano, Mario Ceroli. Tra il 1993 e il 2013 ha collaborato a diverse edizioni della Biennale di Venezia, di cui è stato consigliere di amministrazione. E’ stato più volte consigliere di amministrazione della Quadriennale di Roma. E’ autore di un libro- intervista con Michel Foucault (1982) e di una biografia ragionata di Gino De Dominicis (2012) . Un suo libro di versi (’Illustre Amore’, 2007) è giunto finalista al Premio Viareggio. E’ pittore di piccoli paesaggi di gusto ‘novecentesco’ che ha esposto a Parigi e Roma tra il 1990 e il 2014.

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