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Poesia

Il Poeta di Grado

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Debbo al mio indimenticato prozio Gaetano Trombatore (1900-1994), fratello di mio nonno, profondo studioso ed acuto interprete della letteratura italiana, il merito di avermi introdotto alla delicata poesia di Biagio Marin (1891-1985). Del poeta di Grado mi fece apprezzare il melodioso verseggiare in dialetto veneto-gradese, l’amore che portava alla terra natale di cui seppe esprimere al meglio il contenuto sentimentale racchiuso nello scenario visivo tra orizzonti lagunari, le striscie di mare, la sabbia e i luminosi spazi di cielo incantato, mutevole di colore…

Lo zio ‘Tanuzzo’ da Siracusa era giunto giovane professore a Venezia, dove insegnò al liceo e si unì in matrimonio con la veneziana Luisa Donadoni. Egli amava il mondo della laguna, e le sue frequentazioni lo portarono presto a riconoscere i pregi del poeta Marin, allora noto in piccole cerchie intellettuali, per la sua formazione ‘vociana’, e per i meriti acquisiti di combattente nella prima guerra mondiale, come volontario passato all’esercito italiano nel nome della liberazione della Venezia Giulia irredenta.

Marin è poeta in lingua italiana, ma il suo canto resta testimone di un purissimo accento dialettale di cui egli esprime il tono delicato e suadente senza perdere la pregnanza delle più elevate passioni umane. Da ‘Cansone picole’ (1927), un prezioso libro che appartenne allo ‘zio Tanuzzo’, ricavo questa breve e sintomatica poesia, da cui affiora il senso pieno del lirismo metaforico del paesaggio enunciato da Biagio Marin:

 

PAESE MIO

 

Paese mio,

picolo nío e covo de corcali,

pusào lisiero sora un dosso biondo,

per tu de canti ne faravo un mondo

e mai no finiravo de cantâli.

 

Per tu ‘sti canti a siò che i te ‘ncorona

comò un svolo de nuòli matutini

e un solo su la fossa de gno nona

duta coverta d’alti rosmarini.

 

 

Traduzione:

 

Paese mio,

piccolo nido e covo di gabbiani,

posato adagio sopra un dosso biondo,

per te di canti ne farei un mondo

e mai non finirei di ricantarli.

 

Per te quei canti ne farei corona

come un volo di nuvole al mattino

e solo uno sulla tomba della nonna

tutta coperta d’alto rosmarino.

 

cansone picole

 

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DUCCIO TROMBADORI

Duccio Trombadori. Nato a Roma nel 1945, figlio e nipote d’arte, dal padre Antonello e dal nonno Francesco ha ereditato la passione per la politica e la pittura. Laureato in Filosofia, è stato giornalista, critico d’arte, saggista, docente di estetica alla università di Architettura di Roma. Ha iniziato a scrivere d’ arte su ‘L’Unità’ alla fine degli anni Settanta, ha continuato in seguito su ‘Rinascita’, ‘Panorama’, ‘Il Foglio’, ‘Il Giornale’, e sul Tg3. Esperto d’ arte italiana del ‘900, ha diretto una rivista d’arte (‘Quadri&Sculture’, 1993-1998) ed ha curato monografie di Mario Mafai, Francesco Trombadori, Antonio Donghi, Riccardo Francalancia, Giulio Turcato, Renato Guttuso, Mario Schifano, Mario Ceroli. Tra il 1993 e il 2013 ha collaborato a diverse edizioni della Biennale di Venezia, di cui è stato consigliere di amministrazione. E’ stato più volte consigliere di amministrazione della Quadriennale di Roma. E’ autore di un libro- intervista con Michel Foucault (1982) e di una biografia ragionata di Gino De Dominicis (2012) . Un suo libro di versi (’Illustre Amore’, 2007) è giunto finalista al Premio Viareggio. E’ pittore di piccoli paesaggi di gusto ‘novecentesco’ che ha esposto a Parigi e Roma tra il 1990 e il 2014.

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