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IL PRODIGIO VON KARAJAN

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Heribert Ritter von Karajan detto Herbert, Salzburg, 5 aprile 1908 – Anif, 16 luglio 1989. Alla sua morte il New York Times, dimenticandosi di Toscanini, scrisse: “probably the world’s best-known conductor ” [probabilmente il più famoso direttore d’orchestra del mondo]. Herbert von Karajan,come spesso accade per i grandi interpreti, ebbe genitori musicisti dilettanti. Intendiamoci, nella Mitteleuropa essere “dilettante” non è dispregiativo, la musica da quelle parti è una cosa seria anche se fatta per diletto casalingo. Doveva scorrere forte la vena musicale in famiglia se il fratello Wolfgang, musicista pure lui, divenne, in seguito, uno stimato costruttore di organi. Certo, Wolfgang è un bel nome per un musicista, specialmente se sei nato a Salzburg ma… Heribert !? Non si conoscono direttori d’orchestra che soffrano di complessi d’inferiorità, non potrebbe essere altrimenti, ma chiamarsi Heribert [Eriberto] non calzava bene al personaggio e fu così che, per un motivo o per l’altro, a inizio carriera fece cadere la “i” e modificò il nome in Herbert che, di sicuro, suonava meglio.
Carriera lunga e complicata la sua. Pianista enfant prodige, all’età di 21 anni aveva già esordito come direttore d’orchestra. A Berlino, nel “Tristan und Isolde” del 1938, un noto critico musicale lo definì “Das Wunder Karajan” [il prodigio Karajan]; l’imprudente giornalista si procurò, con quella frase, un trasferimento immediato sul fronte russo per ordine diretto di Hermann Göring (e meno male che non mise mano alla pistola) che gli preferiva Wilhelm Furtwängler, l’altra grande “bacchetta” tedesca dell’epoca.

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Già, perché Furtwängler era un tedesco doc mentre Karajan pur sempre un austriaco ma, che importa, anche il Führer era nella sua stessa situazione e poi, proprio nel 1938, c’era stata l’Anschluss, l’annessione dell’Austria alla Germania. Karajan compose persino un brano l’Anschluss-Sonate per celebrare l’evento. Purtroppo su questi anni si allungano le ombre delle sue appartenenze scomode. E’, infatti, del 1933 la tessera n°1607525 con cui il Kamerad Herbert von Karajan risulta iscritto al partito nazionalsocialista tedesco, oltre a una sua lettera di adesione, del 1936. Lo stesso Karajan, a sua discolpa, diceva che era un atto “dovuto” nel perseguire lo scopo (che effettivamente raggiunse) di diventare direttore dell’opera di Aachen [Aquisgrana]. Recenti ritrovamenti d’archivio, nel 2012, hanno anche portato alla luce alcune sue lettere, di contenuti apertamente antisemiti, riferite a un periodo giovanile precedente in cui, a Salisburgo, apparteneva a un gruppo pan-tedesco ultra nazionalista. E’ un fatto accertato, per onore di cronaca, che successivamente i suoi rapporti con il regime non furono del tutto sereni per via del matrimonio con la seconda moglie, Anita Gütermann (la stessa famiglia produttrice delle spolette di filo che trovate tuttora in merceria) di origini ebraiche che gli causò qualche problema. Proprio questo fatto, come ci ricorda lo storico Oliver Rathkolb, sarebbe invece “a conferma dei legami di Karajan con il nazismo per come, nel 1942, Joseph Goebbels intervenne personalmente bloccando le indagini sulle origini razziali di Anita Gütermann con la quale stava per sposarsi”.
Opportunista? Può darsi. Paladino dell’antinazismo sicuramente no. Con la fine del conflitto ebbe problemi ancora più grandi, per alcuni mesi non poté dirigere e, successivamente, fu costretto ad esibirsi in forma anonima, con altro nome. Lentamente la sua carriera, però, riprendeva a correre: Dimenticate le tragedie del conflitto è un susseguirsi di successi e di incarichi sempre più prestigiosi sino ad approdare alla direzione stabile dei Berliner Philarmoniker. Il talento emerse su tutto. E’ inutile, e persino superfluo, elencare gli innumerevoli successi; basti dire che ha lasciato più di novecento registrazioni di cui oltre trecento proprio con i Berliner. Ha innovato, per tempi e spazi, il Festival di Salisburgo rendendolo celebre così come ora lo conosciamo ed è stato anche un convinto amante delle innovazioni tecnologiche in tutto ciò che riguardasse la ripresa audio e video dell’esecuzioni musicali. Personaggio controverso e, a dispetto dell’aria austera, più di un cedimento all’originalità e alla bella vita. Tre mogli (l’ultima una ex modella di Dior), uno yacht principesco, un jet che pilotava da solo, molte auto fuori serie ma, davanti a tutto, la sua casa di Anif dove si è spento all’età di 81 anni e dove, con una semplice croce di legno, si trova la sua tomba nel piccolo cimitero del paese.
Sino alla sua morte, Israele, rifiutò di ospitare i Berliner Philarmoniker, e ovviamente anche lui, visti i legami con il regime nazista del loro Direttore. Per motivi di salute, ma in realtà erano ormai in disaccordo, nell’84 i Berliner rescissero il contratto con il Maestro evitando, con teutonica educazione, di nominare un nuovo direttore stabile sino alla sua morte. Chi fu il suo successore? Claudio Abbado. Ecco, forse un altro nome da ricordare al cronista del New York Times di cui si parlava all’inizio.

Von Karajan in famiglia

Von Karajan in famiglia nel 1968

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DIEGO C. de la VEGA

… l’ex-moglie (probabilmente l’ultima) lo definisce “un delinquenteeeee!”. I più non lo reggono oltre gli 11 minuti, ma per i pochi che hanno sopportato con benevolenza i suoi difetti: De la Vega è una persona d’oro! Ha vissuto dividendosi tra Madrid, l’ex Repubblica di Genova per approdare a colonizzare, attualmente, il sub-Piemonte. Autentico fantasista, ha svolto innumerevoli attività. Filoenologo, musicista, cuoco-pop, musicoterapeuta pentito, ex politico in erba, sartina-smart, giusperito incompiuto, lobbysta, elettricista, falegname, idraulico, appassionato d’arte contemporanea, genio dell’informatica fai-da-te. Ama la musica antica e le opere di Philip Glass saltando a piè pari tutto l’800 che trova disgustoso. Un uomo meraviglioso se non fosse per un solo piccolo difetto: riesce a volgere tutte queste sue doti in armi letali con cui produce catastrofi inimmaginabili pur non volendo! I suoi insegnanti delle scuole elementari, capendone il valore, dopo il classico “è intelligente ma non si applica” lo promossero a un definitivo: è una Mancata Promessa! Attualmente, non volendo farsi mancare nulla, si è dato anche alla scrittura essendo stato ospitato su LaRivistaintelligente.it dalla benevolenza di Giovanna Nuvoletti, e pubblicando racconti in due antologie di Edizioni2000diciassette, grazie all’invito di Maria Pia Selvaggio che, chissà come, lo ha scoperto. .DeLaVega si chiama Diego e non è uno scherzo cosi come è vero quanto detto sopra.

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