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Storia

Il Rosso

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La Casa museo del "Rosso" a La Maddalena

Eccolo, in mano un bicchiere di vino e nell’altra un panino di salciccia sarda alla brace. Il parroco, organizzatore della festa di quartiere, lo ha abbracciato e ce lo ha presentato. Una volta seduti, ha preso a parlare come un fiume in piena.
All’Asilo Garibaldi, voluto dagli eredi di Giuseppe, aveva avuto una mantellina rossa, che lasciava lì quando tornava a casa dai suoi sei fratelli. Era stato adottato da uno zio benestante che aveva un fratello Canonico, che portava una berretta nera, con due grandi fiocchi rossi ed il copri-spalle rosso. Mario ne era rimasto affascinato, e a chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto da grande rispondeva: ”il rosso”.
Il 2 giugno del 1935, per la festa ed il raduno dei garibaldini a La Maddalena, avevano scelto i due bambini più alti e belli dell’asilo, da vestire con una divisa dei Mille. A lui dettero da portare la bandiera di Garibaldi e ne fu folgorato. Poi, alla Scuola Allievi Operai di La Maddalena, lui e tanti suoi compagni cominciarono a portare al collo un fazzoletto rosso. Poi arrivò la pratica all’Arsenale, cuore dell’operosità isolana e anche unica struttura metalmeccanica.
Nel ’48 Mario è già protagonista di una campagna elettorale durissima. Il PCI ha bisogno di lui. Consigliere Regionale, Deputato per due legislature, Segreteria del Partito, soprattutto un grande sodalizio col suo conterraneo Enrico Berlinguer.
Mi ha chiesto di dargli del tu e di fargli visita il giorno dopo. “Antonio, non prima delle 16,30, la pennichella me l’ha ordinata il medico”. Ci riceve nella sua bellissima e grandissima casa che ha una vista unica: si vede Caprera e tutto il mare che va dalle strutture dell’Ammiragliato fino a Cala Gavetta. L’ingresso è nel suo studio, un sunto della storia italiana degli ultimi settanta anni.
Non resisto e metto in azione la fotocamera dopo aver chiesto e ottenuto subito il permesso. Lui e la sua signora tedesca vivono al piano terra in poche stanze, tutto il resto, su tre piani e un grandissimo piano interrato, sono stracolmi di reperti, oggetti, libri e quadri dell’Eroe dei due Mondi! Tutto con ordine e criterio del padrone di casa.
Gli chiedo cosa ne pensa della situazione politica e mi risponde che non ci sono più partiti e uomini politici. Prende dalla sua memoria un aneddoto. Era nella Segreteria Nazionale del P.C.I. quando morì Berlinguer e toccò a lui avere parte importante nell’organizzazione del funerale. Gli passarono la telefonata di Giorgio Almirante che chiedeva di partecipare al saluto nella camera ardente allestita a Botteghe Oscure. Almirante mostrava dolore sincero per l’avversario leale e Mario si impegnò che la sua presenza fosse “protetta”.
Racconta che molto di quello che c’è in questa casa-museo è frutto delle visite a Porta Portese nel suo periodo romano, mi confessa che i suoi soldi sono stati spesi quasi interamente lì e per la casa che stiamo visitando, che era appartenuta a un marmista. Quando l’aveva rilevata era piena di attrezzature e di qualche opera finita, tra le quali un busto di Benito Mussolini, onorato ospite dell’ isola. Si era spaventato e lo aveva coperto con un telo. Aveva subito telefonato a un amico di fede opposta, ben felice di accettare uno scambio. Si incontrarono nel pieno della notte e Mario tornò con una cornice ed una consolle da rimettere in ordine. Si era levato un bel peso, il cimelio era troppo ingombrante e fuori posto nella casa di un comunista!
Ha preso da uno scaffale un libro curato da lui “Garibaldi nel mondo”. Gli ho chiesto la dedica e, con poco entusiasmo, non mi ha detto di no. Ha preso un foglio della Camera dei Deputati e ha scritto con lentezza in brutta copia la dedica. Me l’ha riletta chiedendomi consenso e ricordandomi, ironicamente, che in fondo lui è sempre un “operaio” con la terza media. Poi l’ha trascritta sul libro. C’è una bella dichiarazione di amicizia e l’augurio di rivederci ancora nella sua “isola meravigliosa per natura e per cultura”. Ci siamo salutati con un abbraccio caloroso. Esco dalla casa con una certezza: un comunista che non ha mai mangiato bambini!

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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