Caricamento

Digita la ricerca

Società

Video ritardato Indagini sciatte

4.712 visite

La notte scorsa Sky ha cominciato a trasmettere le immagini registrate dalla telecamera in prossimità della scuola di Brindisi dove, il 19 maggio, ci fu l’attentato che uccise Melissa Bassi. La registrazione è – ormai – su tutto il Web. La differenza, rispetto alle prime immagini diffuse, è che quelli erano fotogrammi; questo è un vero e proprio video.
Si vede un maschio adulto, in giacca, che va avanti e indietro due/tre volte; poi si ferma e, con la mano sinistra, sembra premere qualcosa. Passano pochissimi secondi e si vede la tenda in alto che si agita come investita da una folata di vento mentre la telecamera stessa sobbalza. E’ evidente che si tratta delle conseguenze dell’esplosione, come dimostrano anche le immagini successive. La figura presente fino a quel momento si eclissa, sostituita da persone che si muovono in mezzo al fumo.
Queste immagini sono molto importanti perché suggeriscono che a determinare l’esplosione sia stato proprio il tizio ripreso. Se ne ricava, poi, la certezza che l’intenzione era di far esplodere l’ordigno precisamente in quel momento; quando, cioè, arrivava il pullman da Mesagne. Cosa che – considerando quanto a Mesagne era accaduto ancora pochi giorni prima – fornisce un indizio tutt’altro che secondario.
Mi chiedo come mai queste immagini siano state rese pubbliche solo adesso e non subito; e siano state, invece, sostituite da fotogrammi assai meno significativi. La diffusione di immagini serve anche alla identificazione di chi in esse compare. Nel video ci sono elementi essenziali a questo fine, altrimenti non percepibili. Il primo è la dimostrazione (pressoché certa) che la persona inquadrata è quella che ha attivato l’esplosione. Il secondo – ancor più importante – è quella che gli inquirenti chiamano “postura”; vale a dire come un soggetto si muove e cammina. E’ un dato che, ai fini della identificazione, è superato per importanza solo dai tratti somatici.
Sono vere e proprie “sgrammaticature” nella gestione delle indagini e dei documenti disponibili. Non affermo che si tratti di conseguenza delle evidenti gelosie e concorrenze fra “procure” che si sono manifestate in questa circostanza. Ma non lo escludo neppure. Come non escludo che questa nota possa avere un seguito.

CLAUDIO PETRUCCIOLI

Nella vita ho fatto molte cose, ho avuto esperienze diverse, ho conosciuto tantissime persone; alla mia età (sono nato nel 1941) possono dirlo più o meno tutti. Mi piacciono molto le esplorazioni di luoghi poco frequentati perché i più preferiscono evitarli Ci sono stati momenti in cui sono stato “famoso”. Ad esempio nel 1971 quando a L’Aquila ci furono moti per il capoluogo durante i quali furono devastate le sedi dei partiti, compresa quella del Pci, di cui io ero segretario regionale. Ma, soprattutto, nel 1982 per il cosiddetto “caso Cirillo”, quando l’Unità pubblicò notizie sulle trattative fra Dc, camorra e servizi segreti per la liberazione dell’esponente campano dello scudo crociato sequestrato dalle BR. Io ero il direttore de l’Unità e mi dimisi perché usammo un documento “falso”; che, però, diceva cose che si sono dimostrate, poi, in gran parte vere. Sono stato in Parlamento e nella Segreteria del Pci al momento in cui cadde il Muro di Berlino, e anche Presidente della Rai. Con queste funzioni sono stato “noto” ma non “famoso”. La fama te la danno i media. Io, durante il caso Cirillo, ho avuto l’onore di una apertura su tutta la prima pagina de La Repubblica: “Petruccioli si è dimesso”. Quanti altri possono esibire un trattamento del genere? PS = Una parte di queste avventure le ho raccontate in “Rendiconto” (Il Saggiatore) e “L’Aquila 1971” (Rubbettino)

  • 1

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *