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Racconti

Un intervento di routine

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visoni in camera operatoria

Foto Giovanna Nuvoletti

Non me lo sarei mai immaginato. Non che ne avessi un’idea precisa, ma verde proprio non me l’aspettavo. «Pensi a qualcosa di rilassante», mi hanno detto. Io guardavo le pareti della stanza, color verde pastello. Così mi è venuta in mente la primavera, i campi di grano che mi aspettavano fuori, e il vento. Ho pensato agli occhi di mia figlia: uguali a quelli di sua nonna, col vento le lacrimano sempre eppure non piange. Poi i pensieri si sono fatti confusi e in un attimo, come quelli in cui i sogni condensano tempo e ricordi burlandosi della logica, ho visto i pini sulla spiaggia specchiarsi nel mio mare perduto. Per il riflesso pure l’acqua sembrava verde e io ci infilavo dentro le mie mani bambine. Come allora ho riso a vederle bagnate nel ritrarle, eppure non avevano cambiato colore. Nel sogno, o forse era solo uno scherzo della memoria, ecco i getti nuovi della vigna appena potata e i fringuelli ancora ripetere il loro richiamo di marzo. Dalla vigna alle zucchine dell’orto, sembravano crescere nello stesso istante, ricordandomi la fatica di tenere le piante alla giusta distanza dall’insalata. Ci vuole pazienza nell’orto: pazienza, fatica e primavera, e il giro ricomincia dalla primavera. Fino agli spinaci, ma senza la noia di lavarli, stavolta. Li vedo già lessi e pronti per farci i ravioli, e mia figlia dagli occhi verdi ride e imita Braccio di Ferro, mentre mia madre tira la sfoglia col matterello. Ma le lasagne verdi no, non voleva mangiarle, così anche io ho smesso.

Infine ho visto di nuovo le pareti della sala operatoria.

«Un intervento di routine», mi avevano detto.

Non saprò mai cosa hanno sbagliato, o se, più semplicemente, hanno mentito. In questi ultimi istanti ho visto il mio corpo, ormai esanime. Io ero già altrove, in tutto quel verde.

Non me l’aspettavo così: la pensavo nera come la notte. O rossa come il sangue. No, non avrei mai creduto che la morte per me sarebbe stata verde. Come i ravioli.

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Paolo Messina

Nasce nel 1960 a Porto d’Ischia in una sera d’aprile. Nel ‘66 la famiglia si trasferisce a Roma. Studia fino alla maturità scientifica, in uno dei più turbolenti licei della capitale negli anni compresi tra il golpe in Cile e il rapimento Moro. Qua conosce la sua compagna di banco e di avventura, Laura. Nel 1980 già lavorano entrambi, ma si accorgono che c’è solo un’estate a vent'anni, perciò comprano una moto, si licenziano e partono in un viaggio che finisce quando finiscono i soldi, tenuti nascosti in un rotolo di carta igienica. Nel 1981 grazie a un concorso fatto ai tempi del liceo Paolo ottiene un impiego presso una grande azienda di servizi a capitale statale. Comprano una piccola casa a Roma, zona Magliana, quella della banda, contando di poter tornare a Ischia appena possibile ma non è possibile. Nel 1991 mantiene la promessa di trasferirsi al mare e va in Maremma. Qui, quando non sopporta più di essere un triste impiegato in un triste ufficio di una triste azienda si licenzia. Ora è titolare di una piccola ma prestigiosa azienda nel settore enogastronomico di qualità tipica e biologica. Da quasi quarant’anni non è sposato con Laura. Paolo Messina ha scritto due raccolte di racconti, stampate in proprio da PC in poche decine di copie, e la raccolta “Interferenze Indiscrete”, tramite il sito “Il miolibro” de La Feltrinelli. ha pubblicato nel 2007 per Il Filo editore la raccolta di poesie “Baci di Arcobaleni Sbiechi”. Del 2011 pubblica su La Rivista Intelligente, di cui dal 2012 è collaboratore stabile.”

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