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LA BACHECA DEL FASCISTA

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Ci sono importanti novità nella nostra città. Spontaneamente, e sottolineo spontaneamente, in ogni quartiere è stata piazzata una bacheca. Si trova agli angoli delle strade, una per ogni quartiere, sembra una esposizione permanente, chiusa da un vetro che non si può rompere facilmente quando serve, non è a disposizione di chiunque voglia usarne il contenuto. La bacheca è rigorosamente di alluminio nero, lunga un metro e mezzo per altrettanto. Il vetro è infrangibile, la chiave della serratura ce l’hanno in pochi ma se la passano amichevolmente, l’uno con l’altro perché sono amici, hanno scopi comuni. E sentimenti comuni: il disprezzo, la rabbia, la violenza che esce dai pori. Dentro queste bacheche ci sono mazze da baseball, tubi di ferro, passamontagna, tirapugni e qualche volta, in pericolose zone della città, anche coltelli. Ultimamente, chi ha la chiave ne ha aperta qualcuna, mettendo a disposizione gli oggetti contenuti a gruppi fortemente motivati, che non hanno esitato ad afferrarli e marciare in direzione del bersaglio. Con passi pesanti, marziali, simili a quelli che più di sessant’anni fa calcavano in marcia trionfale, a braccio teso, mezza Europa, si sono diretti verso l’obiettivo, qualche negozio di immigrati. Quando si aprono le bacheche non c’è bisogno di singole parole, ma di slogan ripetuti in coro. Le mazze roteano nell’aria della strada, la fendono l’aria e spingono il vento della paura. Il gruppo ben equipaggiato entra nei locali di bengalesi, sudamericani arabi: una manna. Una manna di vetrine da frantumare, bottiglie da fracassare, pelle scura da pestare. Il terrore da spargere in un attimo, negli occhi di chi pensava di essere al sicuro, e che durerà per sempre. Tutti una volta nella vita hanno l’irrefrenabile bisogno di fuggire i propri mostri, annientandoli. È per questo che esistono le bacheche. È un sano sfogo che ne evita di peggiori, credetemi. Un sano sfogo che viene tollerato grazie a vecchie amicizie che non si cancellano negli anni, cementate da idee comuni, forti, pure di razza. Le bacheche sono anche un bel risparmio per le forze dell’ordine, pensateci: meno turni massacranti per una paga da fame, meno sberleffi nel vedere che gli arrestati escono dopo una settimana. È un’idea italiana che non ha uguali in Europa, un’idea di alta inciviltà a cui quei rompicoglioni della comunità europea dovrebbero ispirarsi.

 

“Questi racconti fanno parte di una serie scritta per L’Unità diversi anni fa. La Rivista Intelligente ha deciso di ripubblicarli per la loro valenza tragicamente attuale oggi, un tempo di devastazione, menefreghismo e di violenze sulle donne.”  V.Viganò

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VALERIA VIGANO'

Nata a Milano nel 1955, vive tra Roma e Capalbio. Scrittrice e giornalista, docente di scrittura creativa. ha pubblicato Il tennis nel bosco (Theoria ), Prove di vite separate (Rizzoli ), L’ora preferita della sera (Feltrinelli), Il piroscafo olandese (Feltrinelli), Siamo state a Kirkjubaerklaustur (Neri Pozza) La Scomparsa dell’Alfabeto ( Nottetempo). Ha scritto per il teatro e la radio. E’ consulente editoriale e traduttrice. Chief Editor LRI.

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