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Racconti

La condizione del niente di più

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Quando Stefano aveva prestato attenzione alle parole di Sandra, il pennino era fermo sotto l’espressione de cuius. Dai tempi dell’università, de cuius faceva parte di un personale quartetto che includeva anche Tizio, Caio e Sempronio.
Nell’ascolto, aveva esercitato una lieve pressione con la stilografica sul foglio, provocando la divaricazione della punta, tornata a posto quando aveva sollevato la penna. Era irrequieto. Sandra gli aveva appena elencato con pacatezza quello che potevano essere, ora aspettava in silenzio.
Ripensò a quando l’aveva incontrata. Non si era trattato di un corteggiamento, piuttosto della scoperta di affinità inconsuete, scivolate nell’entusiasmo delle amicizie recenti. Durava da pochi giorni, forse venti. La sua mente indugiava a volte nella curiosità della pelle, appena un velo di stanchezza tra i pensieri.
– Ho delle udienze a Firenze domani e dopo, vieni con me?- le aveva chiesto all’inizio della telefonata.
La voce cadenzata di Sandra aveva risposto senza incertezze, volentieri, ma. Non per escludere, ma per acconsentire e poi negare parzialmente ciò che aveva accettato.
Con dolcezza, gli aveva risposto che l’avrebbe accompagnato, ne era felice, ma gli poneva la condizione del niente di più.
Sandra non voleva conoscere dei suoi pensieri più di quanto sapesse, allineare altre parole. Potevano entrare con gioia, passione o sfrontatezza nello stesso letto, ma non le interessava sapere come fosse stato anni prima, o si pentiva di non essere.
– Non fraintendermi – aveva aggiunto – non limito la nostra relazione al sesso. La carnalità senza emozioni non credo esista. Quello che vuoi dirmi, raccontamelo tra le lenzuola – aveva concluso.
Che cosa bizzarra, pensò Stefano appoggiando la penna sulla scrivania. Ti offri a chi non ha chiesto impegni, sottolineando che non ne vuoi.
Era andato alla finestra e guardava la fontana di pietra nel cortile. La superficie dell’acqua era rotta da una pioggia leggera. Erano in silenzio. Lui per lo stupore, lei in attesa.
– Messaggio ricevuto – aveva ripreso – se decido di saltarti addosso, farò ben attenzione a tenere la bocca chiusa – sorrise dissimulando il suo imbarazzo. Poi si salutarono.
La pioggia lo sfiorava, trasformandosi in nevischio nel ventre e tra i pensieri. C’è un principio di primavera in chi  conosci da poco e ti porta a sé. A meno che l’altra voglia trascurare come sei arrivato sin lì. O  Forse  è l’unico modo possibile di sentirsi nuovi.
Tornò alla scrivania, richiuse la penna e rimase a fissare il punto blu sotto de cuius, innegabilmente morto.
Di sé non sapeva.

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PAOLA GIANNELLI

Pugliese d’origine, milanese d’adozione, mamma, moglie e blogger (Parla con noi di Repubblica D e Stavo Giusto Pensando) ho sviluppato il mio percorso professionale all'insegna della curiosità e delle nuove opportunità. Ho iniziato la mia carriera come ricercatrice economica nel settore dell’economia agroalimentare presso il centro studi Nomisma subito dopo il conseguimento del master in International business administration negli Stati Uniti, per poi approdare alla consulenza direzionale di tipo strategico in CAP GEMINI Ernst & Young. Sono ora consulente indipendente, specialista in internazionalizzazione delle imprese del Made in Italy sui mercati esteri, asiatici in particolar in particolar modo, e annovero un passato da globe trotter per necessità (dagli Stati Uniti, Brasile e Argentina, alla maggior parte dei Paesi del Sud-est asiatico, passando per l’Europa). Precocemente attratta dalla scrittura che mi ha portata a buttare giù appunti e storie sui supporti più disparati (dagli scontrini del supermercato, ai sacchetti del pane, al palmo delle mani). Negli ultimi anni ho sviluppato una seconda focalizzazione professionale partita con l’adesione al progetto di Ellerì.

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