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La generazione NTRP

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Rino Gaetano - Nun te reggae più - 1978

Era il 1978, l’anno della tragica scomparsa di Aldo Moro, quando un menestrello di origini calabresi componeva una dissacrante filastrocca in versione reggae. Tra le tante cose diceva: “Nun Te Reggae Più … il maschio forte/i ministri puliti, i buffoni di corte/ladri di polli/super pensioni/ladri di stato evasori legalizzati/auto blu/pci psi/dc dc/pci psi pli pri/dc dc dc dc/onorevole eccellenza, cavaliere senatore/ immunità parlamentare/mi si consentito dire/il nostro è un partito serio/disponibile al confronto/nella misura in cui/alternativo/aliena ogni compromess/è tutto un cess/ … Nun Te Reggae Più”. Rino Gaetano fece inorridire i benpensanti, ma raccolse uno strepitoso successo con le sue parole scanzonate e populiste.
Oggi, è con la generazione del Nun Te Reggae Più (NTRP) che la politica e i governi devono fare i conti. Cosa andiamo a dire ai giovani che dopo 16 anni di studi con una laurea triennale in lettere possono al più aspirare a organizzare eventi (la sagra della salsiccia o quella della melanzana) o con una laurea in scienze della comunicazione, l’unica comunicazione che si apre loro (nel migliore dei casi) è quella del call center? Oppure, cosa diciamo a chi preferisce lavorare in qualche bar o ristorante di Barcellona, Parigi o Londra, piuttosto che trovare qualcosa di analogo a casa propria? Cosa diciamo a chi ha creduto che la scuola, come è per tutti i coetanei europei, fosse lì ad aprire la prospettiva certa di un lavoro utile e dignitoso? O ancora, cosa diciamo a quella generazione NTRP che già sa che alla pensione troverà un assegno mensile con il quale sarà impossibile vivere?
Diremo che non abbiamo potuto fare niente a causa di un debito esorbitante, dei decimali del rapporto debito/pil, del fiscal compact, del fatto che per decenni l’Italia ha vissuto molto al di sopra delle proprie possibilità, che ci siamo indebitati oltre misura perché c’erano le baby pensioni, perché lo Stato andava in soccorso di qualsiasi azienda sull’orlo del fallimento, perché le riconversioni industriali delle grandi aziende private (FIAT e non solo) erano sempre a carico del bilancio dello Stato, perché è stato chiuso un occhio con gli evasori fiscali, perché per anni c’è stato un sistema ‘semi-legale’ di tangenti sulle opere pubbliche? Dovremmo dire alla generazione NTRP che per loro non c’è più nulla o solo le briciole, che se si esce dall’euro è anche peggio (peggio di cosa?) e che i mercati fanno paura?
Ma via, il minimo che potremmo raccogliere è un sonoro Nun Te Reggae Più. Anche perché c’è chi, ingannandoli,  dice loro che non è vero, che si può fare, basta mandare a Bruxelles qualcuno che sappia il fatto suo e gliele canti chiare.
La vera sfida per una sinistra riformista oggi all’opposizione – che potrebbe durare anche l’intera legislatura – sta tutta qui. Come riconquistare i giovani a un progetto di futuro, che né Di Maio né Salvini saranno mai in grado di offrire loro, senza tuttavia nulla concedere a illusorie e impossibili pratiche di tipo assistenziale o protettivo. Per questo, occorre in piena onestà riconoscere che i problemi che affliggono la generazione NTRP esistono e sono drammaticamente seri; ma per affrontarli e risolverli non c’è altro modo che conquistare pazientemente quella generazione alle ragioni della politica e della solidarietà, al rispetto non delle gerarchie e delle autorità ma semplicemente della realtà conoscibile e verificabile.
Martina, parlando ieri, 24 maggio, nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, ce l’aveva con le dirette Facebook attraverso le quali, dai tetti di Roma, Salvini parla alla sua gente,  invece di organizzare, come lui, tour nei territori per mettersi all’ascolto. Mi viene però il sospetto che quello di Martina fosse un lapsus e intendesse alludere piuttosto a quanto sia stato difficile governare con tutte quelle dirette streaming della Direzione del Pd, con l’immagine plastica non di una pratica democratica ma di un gruppo di persone rissose al punto da diventare inaffidabili.
Caro Martina, un consiglio: ritrovate presto le ragioni profonde del vostro stare insieme e la prossima volta mandate avanti uno che parli in modo chiaro a nome di tutti. Altrimenti anche per il Partito Democratico arriverà molto presto un Nun Te Reggae Più.

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SANDRO PETRUCCIOLI

Sandro Petruccioli è nato nel 1947, si è laureato in fisica con lode nel 1971 all’Università di Roma. Ha insegnato prima alla Facoltà di Architettura dell’Università di Reggio Calabria e dal 2005 alla Facoltà di scienze della formazione dell’Università dell’Aquila. Dal 1992 al 1999 ha ricoperto l’incarico di Preside della Facoltà di Architettura di Reggio Calabria. Le sue ricerche riguardano la storia della fisica tra Otto e Novecento con particolare attenzione alle origine della fisica atomica e ai fondamento concettuali e interpretativi della meccanica quantistica. A questi temi e all’opera di Niels Bohr ha dedicato saggi e monografie. Ha lavorato in Treccani come autore e collaboratore per trentasette anni, dal 1971 al 2008. Ha pubblicato "Atomi metafore paradossi. Niels Bohr e la costruzione di una nuova fisica" per l'editore LeLettere e "La mia Treccani" per Europa edizioni.

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