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La mia casella non c’è nei sondaggi

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L'Autrice nel dubbio

Anche se da me non vengono mai, ebbene sì, se arrivasse un sondaggista a chiedermi cosa voterò, risponderei un tondo “non so”.
Non so, perché ignoro quale offerta si presenterà a me quando ci saranno – sempre che l’attuale governo non le abolisca – le prossime elezioni.
Dipende.
Sceglierò l’opzione che farà più male all’attuale governo, e più bene all’Italia che è la mia patria, e che amo, e da cui non posso scappare, perché ho troppi anni (76), troppo pochi soldi, troppi figli (3) e troppi nipoti (9). E troppe amiche e due amici che non vorrei mai lasciare.
Dovrò pur votare, perché astenersi è da vili e menefreghisti. Sceglierò il meno peggio, come sempre: non aspiro a un partito che sia la “rappresentazione teatrale” dei miei sogni e della mia profonda identità, ma, semplicemente, la rappresentanza di buona parte dei miei interessi e valori.
Vedrò come sarà l’offerta. Il PD che farà? Ucciderà Renzi e ogni speranza di riforma? Avremo un partitello di miseri ras e dinosauri da poltrona? Non potrò votarlo. Renzi si riprenderà il partito e lo riporterà verso lidi sensati e attenti al futuro? Improbabile, ma ci starei.
Nascerà un partito liberal-progressista-europeista con Calenda? Sarò tentata. Se poi comprenderà Renzi, Boschi, Bentivogli, mi ci tuffo. Con Bonino? Meglio ancora.
O chissà che altre alternative potrebbero spuntare. Movimento repubblicano? Democrazia riformista? Intelligenza e merito? Cultura e benessere? Giustizia e progresso? Salamella e libertà? Voterò il meno peggio. Potrebbe anche alla fin fine trattarsi del PD, ma sarà dura, con Martina e Zingaretti – lo farei solo per disperazione. Ma dovrò deciderlo sul momento.
I sondaggisti dovranno mettere me, e qualche altro milione di persone, nella casella “non so, non rispondo”. Ne consegue che le attuali percentuali risultanti non valgono una ceppa. Io so benissimo come farò, mi sono creata un ottimo schema da seguire. Ma non ho la mia casella sui loro moduli.

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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