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Costumi

La mimosa sfigata

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Anni '70, 8 marzo a Roma - Foto Nuvoletti ©

 

Sono una mimosa avvolta nel cellophane, sbattuta dentro uno scatolone insieme alle altre e spedita su un camion. Siamo arrivate a un ristorante. Il guidatore tratta con il proprietario, si accordano sul prezzo e veniamo scaricate. Siamo così emozionate, stasera saremo noi le protagoniste! I camerieri apparecchiano lunghe tavolate, mi poggiano al lato del piatto. Molto poco chic, invero, sono delusa. All’ora di cena arrivano signore e ragazze ridenti, vestite per l’occasione. Appoggiano borse e cappotti e ci vedono. «Ma guarda che pensiero gentile», «Mica era loro dovere farlo?», «Che carini», «Senti come profumano!».

Ci sono due gruppi: il primo è formato da donne riservate, dicono di chiamarsi femministe, argomenti colti, ma anche ironici. Dicono che oggi non è una festa, ma il ricordo di una tragedia. Ridono fra loro di altre femministe, che pare abbiano i denti a sciabola. Ridono, amare, degli ex-mariti ora provvisti di compagne fresche. Alcune, che si definiscono “scapole”, sfottono: «per noi, invece, è sempre festa».

Poi c’è il gruppo delle più giovani, libere da mariti e fidanzati solo per un giorno, che devono sfogare tutto l’entusiasmo dopo un anno vissuto in coppia.

Qualche pettegolezzo, lamentele nei confronti degli uomini, ultime corna, qualche corno fatto e non subito, sussurrato piano. Su questo giorno e sul motivo per cui si festeggi, tabula rasa, sebbene, in verità, due tra loro hanno letto qualcosa e cercato di introdurre l’argomento, ma tra un mojto e una caipirinha il tentativo è fallito prima d’iniziare.

La miseria, una serie di cliché femminili che mi basteranno per tutto l’anno!

Risate, vino, cibo e superalcolici. «Ragazze, andiamo che tra un po’ inizia lo spogliarello!» e via, tutte in piedi. «Cameriere, il conto». Io rimango lì, grido: «Ehi signore, sono un omaggio, prendetemi!». Niente da fare, si son scordate di me, il simbolo della festa. Peccato, mi perdo lo spogliarello. Domani mattina sarò una mimosa secca, buttata tra i rifiuti in attesa dello spazzino assonnato, smadonnante perché allergico alle mimose.

Otto marzo del cavolo!

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FRANCESCA TURCHETTI

Orgogliosa di far parte della Generazione X in un mondo alla deriva, mi sono buttata sulla scrittura come panacea di tutti i mali. Più che scrittrice posso affermare senza timore di smentita di essere scribacchina, cercando di guardare e descrivere con occhio ironico e distaccato i moti del cuore, la vita difficile, i turbamenti di una vecchiaia che incombe; talvolta riusciendoci, altre volte fallendo in maniera poco onorovole. L'importante è provarci.

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