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La sindrome del gatto randagio

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Sfogliando pigramente una rivista, il mio occhio cade su uno studio scientifico. Lo studio, visto l’elevato numero di lettere e mail pervenute in redazione, riguardante le separazioni, è stato commissionato dalla stessa RivistaIntelligente alla Famosa UniversitàIntelligente.

Dopo lungo tempo dedicato alla ricerca di famiglie con molte separazioni tra i componenti, l’equipe medica ha lavorato sul DNA umano e ha scoperto che tutte le persone comprese nell’indagine possedevano un gene in più, che i ricercatori hanno chiamato della separazione, soprannominato poi il gene del gatto randagio.

Curiosa ho letto tutto l’articolo, vi risparmio le spiegazioni scientifiche, troppo lunghe, ve le riassumo io. Un 30% della popolazione possiede questo gene. In poche parole, lasciare una persona per chi possiede la sindrome non è un fatto emozionale dovuto alla fine di un amore, ma genetico.

Dopo un paio di anni, il corpo inizia a reagire. Reazioni fisiche, senso di soffocamento dermatiti, orticaria. Ti senti soffocare per il di-letto troppo piccolo? Per il bagno sempre occupato e mai rimesso a posto? Per la caffettiera trovata vuota la mattina? Chi non possiede il gene, non bada a ciò, perché la pazienza e l’amore per il partner fanno soprassedere queste piccole mancanze della vita quotidiana.Chi invece è possessore del gene non può fare a meno di stancarsi, arrivare al limite e lasciare la compagna o il compagno.

L’articolo terminava con un test scientifico molto articolato per scoprire chi potesse, fra le lettrici e i lettori, possedere il gene. Risultato del test: ho la sindrome del gatto randagio. Perfetto. Ora ho l’argomentazione scientifica dalla mia per lasciare “l’amato” compagno.

A quel punto apro gli occhi mi giro sul fianco e vedo il topolone che ronfa. Era un sogno maledizione. Lo guardo pensando che in base alla sindrome che possiedo lo potrei lasciare ora, ma dorme così beatamente, decido di dargli un’altra chanche.

Vado a fare colazione. No, la caffettiera vuota da lavare no! Calma avevo detto un’altra possibilità. Il topolone nel frattempo si alza va in bagno, torna, si siede per bere il caffè. Bacino del buongiorno, vado a fare la doccia. Mi fermo impietrita sulla porta del bagno. La tavoletta del water è alzata. No questa non è perdonabile. Il gatto randagio sta uscendo fuori miagolando furiosamente. Topolone mio, prepara le valigie è ora che ti trovi una topolina bambina.

 

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FRANCESCA TURCHETTI

Orgogliosa di far parte della Generazione X in un mondo alla deriva, mi sono buttata sulla scrittura come panacea di tutti i mali. Più che scrittrice posso affermare senza timore di smentita di essere scribacchina, cercando di guardare e descrivere con occhio ironico e distaccato i moti del cuore, la vita difficile, i turbamenti di una vecchiaia che incombe; talvolta riusciendoci, altre volte fallendo in maniera poco onorovole. L'importante è provarci.

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