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Poesia

L’amore ripiegato

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Vedi questo?
lo tengo in tasca
e, per ogni evenienza,
lo tiro fuori, lo apro
poi, una volta usato,
lo piego e lo ripongo.

Un fazzoletto?
No! Qualcosa di diverso
che prendo apro piego ripongo.
Sono cent’anni oramai
che vivo e cent’anni
che prendo apro piego ripongo.
Ho imparato bene,
ho affinato la tecnica, ridotto i tempi.
E, contemporaneamente,
con estrema cura,
mi son liberato di tutto il superfluo:
Le cose, le case, i soldi, i ricordi.
Ho iniziato con il cancellare il mio nome,
dagli atti, dalla memoria.
Non mi riconosco più!
Non padre, non nonno, non zio
Io, soltanto io
che prendo apro piego ripongo.
Ho cancellato poi
tutti gli altri nomi
mia moglie, miei figli, miei nipoti
fratelli, amici,
cent’anni di nomi.
Robe inutili e pure le facce,
inutili anch’esse, via!
Cosa resta?
Questo, vedi,
io prendo, apro, piego, ripongo.
Cent’anni per arrivare all’essenziale,
un lunghissimo viaggio per costruire,
un anno per cancellare
e poi ricomporre tutto in quattro segni:
prendere aprire piegare riporre.
Picasso a 80 anni
ha imparato a dipingere le colombe!
Io a cent’anni ho imparato ad amare
Come?
Con questo che vedi,
Prendo Apro Piego Ripongo
Le mie mani fanno la magia
Nella mia testa nasce la poesia
Nel mio cuore ho lasciato tutto il resto.
E negli incontri la testa mi dice
prendi apri pieghi riponi,
mentre il cuore sussulta,
racconta con ampi giri nel cielo
cent’anni di vita leggera
e le mani insieme ad altre mani,
senza nome, senza volto,
prendono aprono piegano ripongono.
Demente sembra che io sia,
perché,
dopo aver preso e aperto,
ho piegato e riposto
tutto, tutto il resto nel cuore.
Ma un nome e un volto
non può l’amore che posso io.
Un prima e un dopo
non vede quello che vedo io.
Così vi abbraccio
non perché fratelli, non perché figli,
non perché nipoti, non perché moglie,
vi abbraccio
non perché nomi, non perché volti.
Vi abbraccio perché
vi ho preso, vi ho aperto
vi ho piegato e vi ho riposto
con cura, con estrema cura,
nella mia tasca.

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