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Cinema

Lazzaro felice

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Il film si apre con una scena alla Olmi: un’Italia remota e contadina, una stanza con poche e misere suppellettili in cui razzolano galline, fanciulle vestite con camicie da notte di cotone grezzo, uomini e vecchi col volto segnato dalla fatica. Fuori, nell’aia, al chiarore della luna, gemono zampogne dal suono antico. Il luogo è imprecisato, situato al centro sud, campi di tabacco in basso e tutt’intorno montagne aspre e brulle, franose, scavate dagli elementi. Anche l’epoca è imprecisata. I braccianti lavorano nei possedimenti di una nobile del luogo che di tanto in tanto appare e soggiorna nel palazzetto avito. Tra i lavoranti, maschi e femmine, spicca la figura di un ragazzo, Lazzaro, mite e gentile, con lo sguardo puro di un bambino. Tutti lo cercano, Lazzaro qua Lazzaro là, per i compiti più gravosi, cui lui si presta col sorriso sulle labbra.
La regista e sceneggiatrice Alice Rohrwacher, sorella della più famosa Alba (che ha una parte essenziale nel film), mette a fuoco una storia misteriosa, a tratti surreale, con riferimenti al Vangelo e alle sue parabole. Con personaggi bizzarri, che a volte, come detto, sembrano appartenere alla poetica di Olmi, altre riecheggiano il cinema di Sergio Citti, altre ancora quello del “Brutti, sporchi e cattivi” di Ettore Scola.
Ma con un fil rouge che lega generi e ruoli: il racconto della vita degli umili, degli sfruttati, del male e del bene, dei puri di spirito. Due parti quasi squilibrate tra loro, la prima atavica, la seconda postmoderna con un salto temporale che spiazza e affascina. Immagini all’inizio quasi sfuocate, poi precise e crudeli nel descrivere la miseria degli ambienti e l’asprezza dei paesaggi.
Lazzaro felice” palma d’oro a Cannes per la migliore sceneggiatura, non è un film facile, sbeffeggiato da certa critica – barbosissima favola, lo bolla il Giornale – ma è una di quelle pellicole che ti restano dentro, durante e dopo la visione, che pongono interrogativi sul senso profondo della vita e sul nostro stare al mondo, in un mondo dominato da brutture e ingiustizie. Straordinario il giovane attore esordiente Adriano Tardiolo nella parte di Lazzaro: i suoi occhi sereni come due pozze d’acqua limpida, indimenticabili.
Lazzaro felice di Alice Rohrwacher – Italia 2018
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COSTANZA FIRRAO

Nata a Bari nel 1953, è sposata e ha due figli. Vive a Milano dal 1990. Collabora negli anni ’90 alle pagine culturali di alcuni quotidiani locali ed è stata traduttrice dal francese per riviste bilingue. Ha curato vari siti e blog. E' appassionata di cinema e letteratura.

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