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Costumi

Le carte, che passione

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Succedono cose che non avremmo mai voluto sentire.
La gloriosa fabbrica di carte da gioco, Modiano di Trieste, ha mandato a casa 70 dipendenti. Non si gioca più a carte.
Quanti ricordi, odori, facce, smorfie, sospiri. Occhi lucidi per stanchezza e per il fumo: allora si diceva “la carta vuole il fumo”e nessuno protestava.
La domenica mattina passavo a prendere mio padre al “Circolo dei Galantuomini “ del paese, lo trovavo seduto ad un tavolo dove c’era, con altri due, un signore in grisaglia e senza un braccio; aveva davanti un lungo e stretto leggio, che serviva a tenere in ordine le carte e con l’unica mano giocava. Era un capitano del Savoia Cavalleria ed aveva perso il braccio nell’ultima carica al grido di “Savoia!” in Russia. Medaglia d’oro al valor militare. Il leggio, le carte allineate, una sigaretta sempre accesa attaccata a un bocchino con l’anello d’argento, ora erano tutta la sua vita, non solo un tressette tra amici. Oggi direi che si trattava di un personaggio di Pupi Avati.
Io il tressette lo giocavo, quando prendevo una tradotta di terza classe, per andare da Brindisi a Bari, ai tempi dell’università. Poi mi sono dedicato al poker. A distanza di tempo posso dire che è stato soprattutto per il piacere delle sensazioni, i profumi e le atmosfere. I riti, come girare intorno alla sedia e ruotare anch’essa, bluffare a qualunque costo, onorare i debiti, sempre, alla fine della partita, e accettare in pagamento anche una “Madonna con Bambino della scuola barese del ‘400”. Giuro che mi segue da 56 anni-.
Da sposato mi presi il diritto, da “padrone di casa”, di avere i “giovedì di libertà”.
Eravamo diventati maniaci “nell’apparecchiare il tavolo”: carte nuove, fiches luccicanti, portacenere, i bicchieri da whisky,la bottiglia sarebbe arrivata con gli ospiti; piccoli asciugamani in bagno, esclusivamente bianchi, qualche tramezzino in cucina, sempre quelli, burro e prosciutto crudo, acqua naturale, stessa marca e sempre la solita raccomandazione: fate piano, che se no la moglie si sveglia.
Nomi di battaglia: il Professore, il Dottore, Barbetta, Le Corbusier, il Banchiere.
Allora non c’erano i cellulari, gli appuntamenti si rispettavano e basta; quindi, tre minuti di ritardo, buttavano tutti nel panico. Ce n’era uno che era sempre in ritardo; scoprimmo che gli aveva portato bene una volta, e, da allora, aspettava, nascosto in strada, che tutti fossero arrivati e dopo un pò si presentava.
Poco alla volta il gruppo si dissolse, ci vedevamo solo per il poker e poi non ci vedemmo più.
Arrivarono i telefonini, internet e i videopoker; fu la fine delle carte da gioco e non solo Modiano. Fu anche la fine del piacere di percepire odori, sensazioni, rumori, sopranomi, di guardare facce cariche di paure ed emozioni e di sentire: “buio, passo, apro, due volte, piatto, vedo, passo, piatto….vedo”. “Giro! e, legge ferrea, come d’incanto, a questa parola, il gioco finisce.”

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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