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Racconti

Le due bambine

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Le vedo ogni giorno quando escono accompagnate dalla mamma. Si rincorrono, ridono allegre e si raccontano cose bisbigliando tra loro con una grande complicità. Hanno vestiti graziosi e colorati e le scarpette abbinate e quasi sempre una coroncina di fiori di “lenci” che tiene fermi i capelli lunghi e biondi.
Seguo i loro pochi passi sino alla macchina, le guardo e mi trasmettono gioia e allegria. Danno l’ultimo sguardo al balcone dove il loro barboncino bianco le guarda andar via e le abbaia per salutarle, si infilano nella piccola auto rossa e vanno all’asilo.
Vivono con i genitori in una piccola casa, loro sono stranieri, giovani stranieri che lavorano e tirano su queste belle bambine nel miglior modo possibile, penso che suscitino anche qualche invidia in paese.

Un giorno le ho incontrate e le bambine mi hanno riconosciuto, grazie a un regalino che ricordavano e ai due cagnolini che da loro si facevano accarezzare, “Ciao Antonio!” mi dissero.
Azzardai a esternare la mia curiosità e chiesi alla mamma cosa facesse per avere due figlie così entusiaste di affrontare ogni nuovo giorno, piene di amore per tutto, sempre. Non si aspettava una domanda simile, forse avevo ecceduto nella confidenza. Mi guardò un po’ gelosa e un po’ perplessa.
Capii di aver dato l’impressione di voler entrare nell’intimità della loro casa e della loro vita. Ma un attimo dopo si rassicurò e mi disse che al cellulare di mia moglie, che conosceva, avrebbe mandato la risposta alla mia domanda. Mi salutarono tutte con un bel sorriso sincero.
Quando vidi quello che ci aveva mandato rimasi senza parole. Disegni fatti da una mano per l’amore e da una per il colore. Spiegava che Marika e Francesca si erano svegliate di soprassalto impaurite e avevano pianto. Allora le aveva rincuorate e aveva chiesto loro chi e cosa avrebbero voluto vedere se fosse successa di nuovo quella paura.
La giovane mamma si ricordò che aveva imparato a disegnare e così disegnò… Sotto dettatura delle sue figlie, che decretarono grande successo a quella cameretta completamente trasformata. Così da quel momento le bambine si erano addormentate sorridenti e continuavano a esserlo sino all’ora della sveglia. Nella loro stanzetta c’è sempre una piccola luce calda che sta là per illuminare i loro sogni colorati.

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ANTONIO QUAGLIARELLA

Pugliese del ’44, una decina d’anni in ogni provincia e, partendo da Lecce, ha emigrato nel 2003 in Lombardia. Proprio l’anno del grande caldo, con questa regione in testa per il maggior numero di anziani sopravvissuti. Sempre nel campo finanziario, ha smesso (fortunatamente) di dare consigli il 30 aprile del 2013. Servizio militare assolto con gioia e onore nei Parà, la Toscana gli entra nel cuore in quel periodo, era 1968. Non resiste per tanto tempo a niente e a nessuno, quando ha potuto farlo si muove di conseguenza, riconoscendosi il merito di saper vivere con piacere in contesti molto complessi e diversi e questo sin da bambino. Ogni volta prova la stessa sensazione di avere di fronte una vita nuova di zecca da scoprire e questo gli moltiplica le forze. Viene cooptato nel Rotary International e si merita la Paul Harris Fellow, appena prima che istituissero il numero chiuso per i terroni. Questo continuo frazionamento di vita lo porta alla convinzione che l’ultima persona vicina non potrebbe mai avere sottomano una storia completa (quasi) della sua vita. Così comincia a scrivere. Ne fa le spese, di questo fiume di inchiostro, La Rivista Intelligente e la sua “mamma” Giovanna. Essere sé stessi sempre, qualche volta anche juventino, ha un prezzo da pagare. Solo una donna sempre al suo fianco, dai tempi della migrazione e l’accoglienza, continua a fargli sconti e a dargli credito e lui l’ha legata a doppio filo alla sua vita, ormai finalmente stanziale.

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