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Le ragazze del tennis

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Federica Bilardo

 

Palla pallina, la notte si avvicina. Me la ripeto ogni volta la mia scaramanzia. Perché tutto serve.

 

L’ho lanciata lentamente, la traiettoria la conosco a memoria. So quanto devo farla salire. E come. So bene anche quando dovrò riprenderla: mentre appena comincia a scendere. Quando ormai crede di avercela fatta a tornare giù piano piano da me.

 

INVECE LA COLPIRO’ COME L’UOMO PREISTORICO COLPIVA LA PIETRA, CAZZO. Sento tutti i muscoli del braccio e della spalla pronti, tesi come un arco che scoccherà una freccia.

 

Palla pallina. Gialla che sembra un sole. Sale davanti ai miei occhi. La punto e cerco di non farmi accecare dall’altro sole che mi sta massacrando come quell’altra me dall’altra parte del campo.

La donna-ragazza mi sta aspettando quasi accosciata, un idolo dondolante pronto a braccare la mia palla come si bracca un fuggitivo. Ma io colpirò forte.

 

I miei occhi hanno già preso la misura. So dove andrà. VOGLIO CHE STIA DENTRO DI UN CENTIMETRO EPPOI SCHIZZI FUORI COME UN RAZZO, UNA METEORA, UN MISSILE INTERGALATTICO.

 

Voglio che lei non la veda nemmeno, che senta solo un sibilo imprendibile. Voglio che la mia palla diventi un proiettile e la mia racchetta un’arma. Le mie dita adesso sono fatte di ferro, fuse insieme al grip. E il polso è pronto all’impatto.

 

Tra un momento la mia gamba si solleverà portandosi dietro anche l’altra, per un attimo starò così, sospesa come una ballerina. Poi atterrerò per colpire con tutto il peso del corpo.

 

Quel suono, voglio sentire. Quello che mi dirà di si. Quello che mi dirà che è tutto giusto. Poi la guarderò solo per vedere che è andata. La mia fantastica, adorabile, amata palla pallina. Quella che riceverà il più bello dei complimenti che una femmina possa sentirsi fare qui: PUNTO, SET, PARTITA.

 

 

 

 

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