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Manuale di sopravvivenza

L’icastico Natale di Lupi Jones

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«Vorstellung vuol dire anche immaginazione», mi fa mia figlia filosofa. Quel rotto in culo di Schopenhauer. Quindi il mondo come volontà e immaginazione?
«Sì, Schopy ha voluto giocare sull’equivoco del significato di vorstellung. La nostra rappresentazione del mondo è frutto per lo più della nostra immaginazione». Ok, le dico. Ho capito. Ma perché dobbiamo fare l’albero di Natale? Perché dobbiamo farlo nonostante il termine ultimo (l’8 dicembre) sia trascorso invano? Perché devo farlo io? Perché, contro la mia volontà e distante anni luce dalla mia rappresentazione, o addirittura dalla mia immaginazione, devo addentrarmi io nei meandri della cantina per cercare il fottutissimo, icastico albero ikeastico? E, infine, perché proprio io, daltonico certificato, mi devo cimentare prima nel montaggio, seguendo i colori dei rami, poi nel disimballaggio delle luci e delle palle e infine nella fioritura elettrica e roboscopica del già citato fottutissimo albero? «Perché questa è la nostra rappresentazione, questa, la nostra volontà, perché noi siamo tre» – «Quattro!», fa mia madre, sempre pronta a darmi una mano – «e tu sei uno».
Così fu! Con una lampadina scotchiata su un cappello mi preparai al viaggio alla ricerca dell’albero perduto. Ma anche delle palle, delle luci, del puntale che punta a destra, delle decorazioni e cazzi vari. Piegato a tre quarti per non incocciare nel soffitto, mi addentrai nel sottoscala, ma presto scoprii di essere sotto terra e, più sotto ancora, dentro la mia anima. Attraversai la via fognaria, la via ferrata, la via francigena, mi ritrovai nelle secrete di un castello, incontrai le tartarughe Ninja, combattei con Ken per conquistare il cuore di Barbie, strapazzai di coccole Topo Gigio, ballai con Baloo, e, infine, mi addormentai nella culla dei sogni dei bimbi della Corolle.
Mi sveglio nel mio letto, con mia figlia, tornata bambina, che seria mi dice: «Papà, oggi facciamo l’albero?»

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