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Racconti

L’importanza dei luoghi, il cinema

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Dopo aver fatto i compiti di scuola, nei lunghi pomeriggi della periferia genovese anni ’50, devastata dai riempimenti Ilva-Italsider, me ne andavo al cine. Sola.
Con pochissime lire riuscivo a vedere due film. Vecchie pellicole americane in bianco e nero. Le migliori erano quelle di fantascienza: L’Astronave atomica del Dottor Quatermass, Destinazione Universo, L’invasione degli ultracorpi.
Ogni tanto la pellicola saltava, e finché l’operatore non riusciva a riattaccarla non si andava avanti. Amavo quel mondo. I saloni puzzolenti di fumo stantio, le poltroncine ricoperte in velluto, dal colore indefinito, sfondate.
Con venti lire compravo dieci pescetti di liquirizia e venti tacchetti alla violetta.
I miei compagni d’avventura? Qualche pensionato, ragazzini, di solito in banda, perditempo.
Ricordo struggente, anche se trascina un retrò di schifosi molestatori pedofili. Ma, messa sull’avviso dai miei e non scema, sapevo come agire.
«Signor Maschera, c’è uno di quegli uomini cattivi che danno fastidio ai bambini!».
Il maniaco guadagnava rapido un’uscita di sicurezza, con la maschera infuriata alle calcagna.
E presto, nella vecchia sala, la magia ricominciava.

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