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Lussemburgo andata e ritorno

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Quel concorso l’avevo fatto così, per noia. Per spavalderia. Perché un’amica mi aveva detto: “Dai. E’ un’occasione unica. Vincere è difficile. Ma tu sei in gamba. Parli bene il francese, e se ti capitasse di vincere… Sai come ti cambierebbe la vita!”
In realtà, sì, volevo cambiare la mia vita. Ma non andando a lavorare al Parlamento Europeo.
E invece vinsi. Partecipò un sacco di gente a quel concorso, molto più motivata di me. Tra i tre vincitori c’ero anche io. Mi arrivò una lettera, dovevo presentarmi al palazzo del Parlamento Europeo a Città del Lussemburgo il 7 gennaio 1971.
Subito ho pensato: “Che? Non se ne parla! Lussemburgo, e dov’è? Mamma!” (vivevo ancora con lei). Cercate di capire, stavo a Genova, avevo un sacco di amici, un eterno quasi fidanzato, il mare tutto l’anno, i bagni Sillo, il campeggio in Sardegna d’agosto. Sì, non ero molto impegnata, però studiavo per diventarlo.
Andai. Per principio? Per non perdere la faccia? Non so. Comunque arrivai in quel paese che, allora, mi sembrò buio, infelice, squallido e piccolissimo. Ah, però, anche opulento: negozi che rigurgitavano cibi tipo paté di fegato d’oca, tartufi, anatre, crostate, dolci, cioccolate e così via.
Non mi attardo a spiegare la vita al Parlamento. Sicuramente super pagata. Noiosa. Unico intervallo gioioso, ogni due mesi, a Strasburgo (città bellissima) – ma della durata di una sola settimana.
Poi arrivarono le vacanze di Pasqua. E io di corsa a fare il biglietto del treno per l’Italia.
Allora Città del Lussemburgo-Genova, con qualche cambio, non ricordo dove, era un viaggione molto faticoso ma, passata la Svizzera, ho incominciato a vedere la luce.
Alla stazione di Genova Principe c’erano gli amici che mi aspettavano, e anche l’ eterno fidanzato (non gli ho mica detto dell’Olandese Pazzo Martin).
A casa la mamma in lacrime: “..così lontano… qui cosa ti manca…” Poi mette un disco: “Vi è arrivata in quel paese di grebani la canzone che ha vinto Sanremo? Figurati… senti un po’…”
E parte: “Dice ch’era un bell’uomo e veniva, veniva dal mare, parlava un’altra lingua…”
Sì, sono rientrata a Città del Lussemburgo. Ho sistemato le mie cose, ho salutato l’Olandese Pazzo e sono tornata a casa.

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