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Mio cugino il fascista

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Dagli anni trenta al 1946, un romanzo, una storia privata, un pezzo d’Italia sanguinante.
Le storie di due cugini che si vogliono bene, ma scelgono strade opposte. Li incontriamo ragazzi nelle loro famiglie altoborghesi, con le loro abitudini e la loro vita piacevole, che sembrano dover durare per sempre. I soliti due mesi a Forte dei Marmi, i quieti lussi della Capannina. Gli scherzi, le gite. I ricevimenti formali, e anche le belle ragazze di poca virtù. Poi, il posto in banca sicuro. Il fascismo? Un fastidio per le persone beneducate come Michele, una giovanile passione per il cugino Alex, lo scapestrato.
E poi arriva la guerra. Dapprima poco cambia, poi, lentamente, quasi senza farsi notare, la vita reale entra in Michele, che compie la sua scelta per la libertà come naturale conseguenza dell’educazione ricevuta e dell’influenza del suo superiore sul lavoro, l’austero Aristide Dell’Acqua, liberale. Così diventa un sommesso eroe, partendo da un luogo davvero singolare, una Banca rinomata e solida, che segretamente sostiene col suo denaro la Resistenza. Il giovane si trasferisce a lavorare nella Milano in mano ai tedeschi, e qui impara la clandestinità, il coraggio e la paura. Attraversa più volte le montagne per trasferire in Svizzera somme importanti, guidato da contrabbandieri. Mentre, per converso, l’amato cugino Alex si avviluppa sempre più nelle spire del regime, fino a aderire, con lucida disperazione, alla RSI. Finirà fucilato dai partigiani, coraggioso e strafottente.

Pagina dopo pagina il romanzo si fa più convulso e straziante. Ma la scrittura è composta, il tono è piano, quasi severo, pur nella sua ferma umanità che riconosce e rispetta anche le passioni di chi ha scelto di mettersi dalla parte del torto. L’etica, intesa come responsabilità personale, è il perno. L’amore, i sentimenti familiari, l’amicizia, l’onore sono i pilastri, semplici e potenti.
Infine, la pace. Michele torna alla normalità. Arrivano l’amore, il matrimonio, la felicità. Ma i ricordi vivranno, dolorosi e immensi, dentro di lui, per sempre.

Un libro da leggere almeno due volte. Una, con il cuore, emozionandosi, soffrendo e sognando con i protagonisti – anche piangendo, per tutte quelle speranze dilapidate. E una lentamente, con la testa, per coglierne a fondo i significati nascosti fra le righe, la nostra storia, i nostri destini. Il bene e il male che albergano dentro di noi. Il bene e il male d’Italia.

Mio cugino il fascista
di Vincenzo Ciampi
Robin Edizioni – 15 euro
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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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