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NON LO DICEVA NERUDA

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in foto: Pablo Neruda, quello vero.

Da anni, con la stessa infettività virale dei melensi aforismi di Coelho, circolano in rete tre, ormai celebri, falsi poemi di Pablo Neruda: Lentamente muere, Queda prohibido e Nunca te quejes. Non fidatevi nemmeno dei titoli. Si incontrano tradotti in diversi modi e, in italiano, probabilmente li conoscete come “Lentamente muore”, “È proibito” e “Non incolpare nessuno”.
La diffusione è tale che, per fare chiarezza, è intervenuta in veste di debunker la Fundación Pablo Neruda (ufficiale) per mezzo del suo direttore di biblioteca, Dario Oses, pubblicando questa dichiarazione sul sito: «Non sappiamo le ragioni per cui vengono attribuite queste poesie a Pablo Neruda. Se avete letto i tre testi è evidente che tutti hanno un tono edificante, prescrittivo, si percepisce una parentela con la letteratura di auto-aiuto, non tipica dell’epoca di Neruda. Senza nulla togliere a queste poesie, l’opera di Pablo Neruda è lontana da questo genere in tono, contenuto, linguaggio e per le immagini che crea». [si trova in copia cache, online, perché il sito è in ristrutturazione. ndr].
Fernando Sàez, direttore esecutivo della stessa Fondazione, in un’altra dichiarazione sul tema, ci ricorda, invece, che quello di Neruda non è l’unico caso. La vedova Borges, María Kodama, si è battuta, senza successo, per far correttamente attribuire Istantes a Nadine Stair (o Strain) e non al marito come, tuttora, qualsiasi motore di ricerca continua a fare.  Jorge l’avrebbe presa in ridere, chi si risentì fu, invece, il cantante Bono che la citò, con sicumera da star, in diretta alla tv messicana in occasione di un Teletòn. Incauto. Per non parlare del fasullo, La marioneta, di Gabriel García Márquez. Sarebbe, secondo gli esegeti da mouse, il saluto dello scrittore agli amici dopo la scoperta della malattia. Interrogato direttamente sulla questione, il premio Nobel dichiarò: «Mi vergogno per quelli che hanno pensato che io potessi scrivere una cosa tanto oscena!». Come dargli torto? Almeno ha fatto in tempo a dirlo, Neruda no. La velata obiezione di Márquez è incentrata sullo stile di scrittura e quindi, forse, prima di citare chicchessia dovremmo sempre porci la domanda « ma io ne ho mai letto qualcosa?».
Chi sono, quindi, gli estensori di quelle tre cornucopie di banalità in forma di poema? Saltando di pagina in link si trovano notizie. La più anonima, come paternità, è “Non incolpare nessuno” (o Non lamentarti). Di questo pedante e moraleggiante elenco nessuno ha rivendicato la paternità, dev’essere un po’ come le barzellette, non si sa dove nascano. La più conosciuta, invece, risulta essere: “Lentamente muore” (Lentamente muere). È una poesia della giornalista e scrittrice brasiliana Martha Medeiros che a parte aver vissuto nove anni in Cile mangiando, quindi, i piatti della cucina locale non ha nessun’altra relazione con Neruda. Il titolo originale della poesia è A morte devagar, com’è originale il portoghese in cui è stata scritta. Fu pubblicata nel novembre del 2000 sul periodico Hora Zero, di Porto Alegre, dove appunto lavorava la Medeiros. Già pochi anni dopo si contavano circa 19.000 link (fonte: Fondaciòn Neruda) con l’attribuzione al poeta cileno. Così accadde l’impensabile: la Medeiros stessa si mise in contatto con la Fondazione Neruda per riottenere l’esatta attribuzione della sua opera e, forse, rastrellare qualche diritto di pubblicazione. Non incontrò resistenze.
Meno nota la vicenda del terzo poema: “È proibito” (Queda prohibido). Si sa, con precisione, che apparve per la prima volta il 23 luglio del 2001 sul sito, chiuso ormai da tempo, deusto.com. Il suo autore è Alfredo Cuervo Barrero, nato a Barakaldo, in Spagna. A causa delle oltre ventimila citazioni per l’egoista poeta cileno, del povero Alfredo nulla si sa di più, non essendosi ancora guadagnato gli onori di una pagina Wikipedia, se non che all’epoca della pubblicazione aveva ventun’anni. La diffusione, sotto il nome di Neruda, fu così rapida da sorprendere anche l’autore autentico. Barrero era in buona fede e all’oscuro di tutto. A conferma di ciò ancora si ritrova, tra le pieghe della rete, una pagina che ripubblica una mail inviata dal Barrero in persona a un sito di pubblicazioni letterarie con il seguente inatteso, e quasi commovente, appello: «Vi invio questa mail, in relazione a un poema che avete sulla vostra pagina dal titolo Queda Prohibido attribuito a Neruda, per dirvi che appartiene ad Alfredo Cuervo Barrero. Come prova della mia proprietà vi dico che il poema è registrato a mio nome nel Registro de Propiredad Intelectual de Vizcaya (Pais Vasco, Espana), al n° di iscrizione BI-13-03. La fondazione Neruda ne ha già negato l’appartenenza, inviate una mail per averne conferma. (…) altrimenti come vi spiegate che una poesia “tan hermosa non si trovi in rete prima del 2001? (…) in ogni caso le versioni che circolano non sono come l’originale, sono dei riassunti, qui vi allego il testo autentico se vorrete pubblicarlo. Un saluto, Alfredo».
Miracolo della rete, uno sconosciuto ragazzo ventenne che si difende dagli abusi di Neruda, chissà invece cosa avrebbe dato Salieri se lo avessero scambiato per Mozart?
Non è finita. Da poco è comparso un nuovo caso che potrebbe diventare, in breve, il prossimo quarto falso. La voglia, postuma, di Pablo Neruda nell’attribuirsi dall’aldilà qualsiasi testo scritto, dalle tavolette assirobabilonesi sino al menù della pizzeria, ha colpito ancora. Non contento di rubare testi mediocri ha pensato bene di danneggiare un suo collega: Herman Hesse. Non ci credete? Provate a digitare su un motore di ricerca «è strano vagare nella nebbia» e guardate cosa compare. Se siete pigri potete accontentarvi dell’immagine qua sotto, dove sono messe a confronto due pagine, addirittura, dello stesso sito! Buon plagio a tutti.
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DIEGO C. de la VEGA

… l’ex-moglie (probabilmente l’ultima) lo definisce “un delinquenteeeee!”. I più non lo reggono oltre gli 11 minuti, ma per i pochi che hanno sopportato con benevolenza i suoi difetti: De la Vega è una persona d’oro! Ha vissuto dividendosi tra Madrid, l’ex Repubblica di Genova per approdare a colonizzare, attualmente, il sub-Piemonte. Autentico fantasista, ha svolto innumerevoli attività. Filoenologo, musicista, cuoco-pop, musicoterapeuta pentito, ex politico in erba, sartina-smart, giusperito incompiuto, lobbysta, elettricista, falegname, idraulico, appassionato d’arte contemporanea, genio dell’informatica fai-da-te. Ama la musica antica e le opere di Philip Glass saltando a piè pari tutto l’800 che trova disgustoso. Un uomo meraviglioso se non fosse per un solo piccolo difetto: riesce a volgere tutte queste sue doti in armi letali con cui produce catastrofi inimmaginabili pur non volendo! I suoi insegnanti delle scuole elementari, capendone il valore, dopo il classico “è intelligente ma non si applica” lo promossero a un definitivo: è una Mancata Promessa! Attualmente, non volendo farsi mancare nulla, si è dato anche alla scrittura essendo stato ospitato su LaRivistaintelligente.it dalla benevolenza di Giovanna Nuvoletti, e pubblicando racconti in due antologie di Edizioni2000diciassette, grazie all’invito di Maria Pia Selvaggio che, chissà come, lo ha scoperto. .DeLaVega si chiama Diego e non è uno scherzo cosi come è vero quanto detto sopra.

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