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Società

Perché sono andata all’Euro Pride di Roma?

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Ci sono andata davvero! Mi avete vista? Ero la signora distinta, in tailleur e borsetta Prada, quindi travestita da Vladimir Luxuria, coi paraorecchie pelosi azzurri che mi proteggevano dai rumori giovani e moderni. Ero accanto alla mia amica Flora. Lei si era messa da Platinette. E’ grassa. Facevamo ciao con la manina.

Dite, perché sono andata all’Euro Pride di Roma? Mah, perché al barman qui sotto i titolari gli hanno detto che se ci andava lo licenziavano. Gli ho chiesto: “fa niente se ci vado io al posto tuo?”

Comunque, non ero mica l’unica nonna lì. C’erano famigliole regolari e politically correct. C’era una gran solidarietà e un profluvio di buoni sentimenti. C’erano soprattutto quei bei giovanotti muscolosi che si baciavano. Mi ci son persa un po’ dietro. Quanta buona carne sprecata. E poi c’erano anche i/le Drag King: che sarebbero donne che si travestono da uomini. Col gel nei capelli e le canotte nere. Occhi alla Rodolfo Valentino. Carinissime. Arrapantissime. Ma neanche loro ci hanno degnate di uno sguardo. Non abbiamo cuccato in nessun ambiente. “Saremo mica del target sbagliato?”.

Mentre gridavamo entusiaste Parità Dignità Laicità per lesbiche, gay, bi, trans ed etero, ho tirato fuori il mio cartello: “ANCHE PER ACUFENICI E IPERACUSICI”. “Sarebbero?” chiede Flora. Quelli come me, col fischio in testa. “Ma non c’entrano col sesso”. Lo dici tu. Intanto suonavano a palla Born this way e ho dovuto infilarmi i tappi di cera sotto i paraorecchie. Adoro Lady Gaga perché balla da dio e ha un senso dell’umorismo da dea, ma in tv la guardo con amore ma senz’audio.

Basta, troppa musica, che nella mia testa faceva Bùm Bùm Bùm. Non ce la facevo. Vertigini, un cerchio di nulla nero si stava spandendo dentro di me. Tutti ballavano e cantavano. Flora mi ha presa per un braccio e mi ha trascinata via di corsa, prima che mi partisse il TGA: è stufa di portarmi all’ospedale.

Chiederò l’anno prossimo che facciano un Ear Pride senza canzoni. Così potrò restare fino alla fine e vedere se arriva anche il ministro delle Pari Opportunità.

Veramente io volevo andare al parco Tiergarten, a Berlino, a visitare la stele che ricorda gli omosessuali uccisi dai nazisti. Ma è lontana.

 

 

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GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

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