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Pensieri Oziosi

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Finite le vacanze si torna a casa.
Voi cosa fate quando rientrate nella routine? Riprendete il lavoro, sbrigate le faccende domestiche o anche quelle selvatiche, pagate  bollette  insolute (quelle lasciate da pagare, tanto a pagare e a morire c’è sempre tempo e adesso scoprite che alla fine invece si paga, si paga sempre e si paga tutto, ma  va bene così –  non si può mica stare senza luce o senza gas, non è chic).
Organizzate l’agenda incastrando impegni di lavoro e incontri, fate salti mortali per  stare di più con i figli e vi scoprite maghi o fattucchiere nel riuscire ad infilare nell’ago del tempo anche qualche ora per un cinemino (odio questa parola, “cinemino”, ma continuo a sentirla dire e quindi la scrivo). Insomma, vi trasformate in equilibristi dello spazio-tempo della vostra esistenza quotidiana. Forse non tutti, ma molti di voi sicuramente al rientro fanno questo.
C’è poi chi i figli non li ha (per destino o per scelta, per sfiga o per fortuna, fate un po’ voi) e non ha nemmeno un lavoro fisso -anche in questo caso se per destino o per scelta o per sfiga o per fortuna, lo decida chi legge- ma resta comunque il fatto che c’è  chi i salti mortali non li fa con il planning ma con la quotidianità dell’esistenza, anzi, usiamo un parolone e diciamo con la quotidianità esistenziale. Credete stia parlando di me? Sbagliate: non sapete quante persone sono in questa situazione, anche fra i vostri stessi amici (non mi credete? allora si vede che non fate così attenzione alla vita di molti che chiamate “amici”; guardate meglio, vi stupirete nello scoprire che ho ragione).
Chi non ha un’agenda a cui obbedire ciecamente ha più di tempo libero (forse, in realtà non è detto) e  prende qualche aperitivo in più e al tavolino del bar si guarda intorno e ruba i discorsi degli altri seduti accanto (ne farebbe volentieri a meno, ma spesso i vicini di tavolo non sono così educati da parlare in sordina, specialmente se sono al telefono: avete mai fatto caso a quanto urliamo noi italiani mentre parliamo al cellulare?).
A volte il tempo per un aperitivo lo trovo anch’io. Parlo in prima persona per comodità letteraria ma sono certa che quanto scrivo potrebbe dirlo chiunque di voi si sedesse in un bar qualsiasi.

Siccome oggi mi sento egocentrica, invece di raccontare di una città qualunque vi racconto di un posto in particolare, quello in cui sto: Monte Carlo. E parlo di noi italiani a Monte Carlo, al tavolino di un bar famoso, il “café de Paris” (sì, quello nella piazza del Casinò, proprio quello).

I francofoni, quando in giornate come queste – in cui climaticamente parlando più che a ottobre sembra di essere ancora a luglio – riescono a ritagliare qualche ora per il sorseggio di un “qualcosa” in un bar,  definiscono il momento un “fare niente” e lo pronunciano in italiano; dicono proprio “fare niente”, nella nostra lingua, semplicemente arrotando un po’ la erre. Buffo che proprio questa espressione italiana sia stata veicolata dai francesi così spocchiosamente nazionalisti e dai monegaschi che parlano anche loro francese. Tutti i torti però non li hanno visto che un’alta percentuale degli avventori del “café de Paris” è italiana.
Un buon numero di “far niente”, in qualunque stagione dell’anno, è seduta al “café de Paris” e parla italiano. Sorseggia martini, divora club sandwich, fuma appestanti sigari e probabilmente non ha un planning con cui litigare (o ce l’ha ma è così bravo da riuscire a farci la pace o almeno a stipulare una tregua).
I francesi usano anche un’altra espressione per indicare questo non fare niente e -ma guarda un po’ le coincidenze- anche in questo caso si servono di un concetto italiano: lo chiamano “dolce vita” (loro dicono “dolce vità”, per un difetto di pronuncia ma il concetto rimane). La “Dolce Vita”, proprio quella, avete capito bene. E allo stesso tempo avete capito male: perché definire “dolce vita” tutto questo a me sembra assurdo e ogni volta che mi siedo al “café de Paris” e guardo i miei connazionali seduti lì, mi chiedo se i francesi o i monegaschi abbiano mai visto il film di Fellini e senza  doverci riflettere troppo mi dico che no, sicuramente la maggior parte di loro non lo ha mai visto.
Cosa c’entra tutto questo con il rientro dalle vacanze? Niente. Un po’ come “La Dolce Vita” di Fellini, che non c’entra nulla con la definizione franco-monegasca della “dolce vità”.

 

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MONICA CILLARIO

Torinese di nascita e romana d'adozione, è una fotografa e giornalista pubblicista.

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