Caricamento

Digita la ricerca

MediaWeb

Per usare FB ci vorrebbe la patente

3.718 visite

Immagine dell'Autrice

Per guidare la macchina ci vuole la patente. Per iscriversi a FB, invece, non ci vuole nulla, nemmeno il cervello. Eppure muovercisi dentro è più difficile che sulle strade più trafficate, e quasi altrettanto pericoloso per la nostra incolumità mentale.
Milioni e milioni di persone stanno su Facebook e non sanno riconoscere le bufale, non sanno difendersi dai troll, sono lì a ricevere passivamente comunicazioni distruttive: inermi, ignari, a volte anche pigri. Con la bocca aperta.
Io ci ho messo anni per imparare, almeno, a gestire il mio profilo, a non farmi assaltare da odiatori stipendiati, e a distinguere le balle stratosferiche dalle notizie. Ma l’ho fatto solo perché, essendo audiolesa, non avevo altro strumento che il web per stare con altri esseri umani. Ero costretta.
Dieci ore al giorno a cliccare, laicare, leggere, magari pensare – e alla fine capire qualcosa. C’è gente, con cui sono in contatto da anni, che commenta i link senza manco aprirli, senza sognarsi di sapere cosa c’è scritto DENTRO, senza neanche sapere che dentro c’è scritto qualcosa.
Io mi ci incazzo. Però devo confessare che io ci ho messo ben quattro anni per imparare a usare FB senza farmi troppo infinocchiare da bot e simili. Senza prendere per amici persone ipocrite e cattive (che scottate mi sono presa!). Senza cascare come una polla alle fake news di link provenienti da fonti create, con gran sapienza tecnica, da maligne SRL: sembravano vere.
Ora banno a tutto spiano. Sulla mia bacheca voglio star bene, non arrabbiarmi, spaventarmi, litigare. Ma farmi la patente da social è stato molto più faticoso e doloroso che farmi quella automobilistica.

Tags:
GIOVANNA NUVOLETTI

Sono nata nel 1942, a Milano. In gioventù ho fatto foto per il Mondo e L’Espresso, che allora erano grandi, in bianco e nero, e attenti alla qualità delle immagini che pubblicavano. Facevo reportage, cercavo immagini serie, impegnate. Mi piaceva, ma i miei tre figli erano piccoli e potevo lavorare poco. Imparavo. Più avanti, quando i ragazzi sono stati più grandi, ho fotografato per vivere. Non ero felice di lavorare in pubblicità e beauty, dove producevo immagini commerciali, senza creatività; ma me la sono cavata. Ogni tanto, per me stessa e pochi clienti speciali, scattavo qualche foto che valeva la pena. Alla fine degli anni ’80 ho cambiato mestiere e sono diventata giornalista. Scrivevo di costume, società e divulgazione scientifica, per diversi periodici. Mi divertivo, mi impegnavo e guadagnavo bene. Ho anche fondato con soci un posto dove si faceva cultura, si beveva bene e si mangiava semplice: il circolo Pietrasanta, a Milano. Poi, credo fosse il 1999, mi è venuta una “piccolissima invalidità” di cui non ho voglia di parlare. Sono rimasta chiusa in casa per quattro/cinque anni, leggendo due libri al giorno. Nel 2005, mi sono ributtata nella vita come potevo: ho trovato un genio adorabile che mi ha insegnato a usare internet. Due giovani amici mi hanno costretta a iscrivermi a FB. Ho pubblicato due romanzi con Fazi, "Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più" nel 2007 e "L’era del cinghiale rosso" nel 2008, e un ebook con RCS, "Piccolo Manuale di Misoginia" nel 2014. Nel 2011 ho fondato la Rivista che state leggendo, dove dirigo la parte artistico letteraria e dove, finalmente, unisco scrittura e fotografia, nel modo che piace a me.

  • 1

Ti potrebbe piacere

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *